Fare trading con Bitcoin guadagnando grazie al “kimchi premium” può non essere così semplice

Opportunità di arbitraggio per chi fa trading su Bitcoin e altre criptovalute grazie al "kimchi premium", ma sfruttarle è complicato.
8 mesi fa
3 minuti di lettura
Trading su Bitcoin sfruttando il Kimchi Premium?
Trading su Bitcoin sfruttando il Kimchi Premium? © Licenza Creative Commons

Mancano poche settimane al prossimo “halving”. Una data cerchiata quella del 19 aprile per chi è solito fare trading con i Bitcoin. Quel giorno, la remunerazione per i “miners”, letteralmente “estrattori”, si dimezza per la quarta volta e passa da 6,25 a 3,125 token digitali per ciascun calcolo numerico andato a buon fine. Questo significa che la velocità con cui l’offerta aumenterà nei prossimi anni sarà ancora più lenta. A parità di domanda, le quotazioni saliranno. E’ accaduto sempre in passato e per questo gli investitori volgono da tempo nuovamente la sua attenzione al mercato delle “criptovalute” dopo essersene tenuti alla larga tra la fine del 2021 e fino agli inizi dello scorso anno.

Il kimchi premium coreano
Il kimchi premium coreano © Licenza Creative Commons

Fare trading con Bitcoin con il “kimchi premium”

E se vi dicessimo che, indipendentemente dal livello dei prezzi, risulterebbe possibile guadagnare grazie al cosiddetto “kimchi premium”? Coloro che volessero fare trading con Bitcoin, dovrebbero conoscere una simile opportunità. Gli amanti della cucina asiatica e chi si è recato in viaggio da quelle parti, sanno che il termine “kimchi” si riferisce a una verdura fermentata e piccante molto utilizzata in Corea del Sud. Ed è proprio qui che si soffermeremo.

Vi chiederete cosa c’entri il cibo con le “criptovalute”. Niente. Il termine è utilizzato in gergo per descrivere quel fenomeno tipico del mercato sudcoreano, per cui i prezzi di Bitcoin risultano quasi sempre superiori (a premio) sulle quotazioni internazionali. Esiste un apposito indicatore per monitorare tale differenziale: il “Korea Premium Index” di CryptoQuant. E’ emerso che tra il gennaio del 2016 e il febbraio del 2018, in media un Bitcoin in Corea del Sud costò il 4,73% in più dei prezzi medi internazionali. Ma agli inizi del 2018, il premio esplose fino a un massimo di poco meno del 55%.

Arbitraggio difficile da effettuare

Il 16 marzo scorso, dopo che la “criptovaluta” aveva raggiunto il suo nuovo massimo storico, tale premio si era allargato al 10,88%.

Ieri, era ancora all’8,17%. Un’opportunità ghiotta per chi vuole fare trading con Bitcoin. In teoria, basterebbe acquistare “criptovaluta” in qualsiasi parte del mondo e rivenderla immediatamente in Corea del Sud per ottenere un guadagno medio nell’ordine del 5%. Rarissimamente, infatti, accade che qui i prezzi si rivelino inferiori alle medie internazionali.

Tuttavia, chi investe sa anche che le opportunità di arbitraggio generalmente durano poco. Ad esempio, se tutti comprassimo altrove per vendere a Seul, nel giro di poco i prezzi sudcoreani si livellerebbero a quelli nel resto del mondo. Perché non accade? Perché è giusto sapere che il mercato sudcoreano presenta regole peculiari per chi si appresta a fare trading con Bitcoin e altre “criptovalute”. L’apertura di un conto sul quale effettuare l’accredito, deve essere collegata ad un nome reale. Altrove, come sappiamo, si è contraddistinti semplicemente da un codice alfanumerico.

Controlli sui capitali in Corea del Sud
Controlli sui capitali in Corea del Sud © Licenza Creative Commons

Controlli sui movimenti dei capitali

Praticamente, per fare trading con Bitcoin nella Corea del Sud bisogna rilasciare il proprio nominativo. E non è l’unica particolarità. In pochi forse sanno che il paese impone rigidi controlli sui movimenti dei capitali. Sembra curioso, trattandosi di un apparente paradiso per gli amanti del libero mercato. Invece, i trasferimenti di valuta locale o won all’estero sono consentiti fino al limite di 10.000 dollari in controvalore per persona. E ciascuna persona nell’anno solare non può esportare oltre 100.000 dollari. Questo significa anche che esiste un limite alle transazioni finanziarie possibili per sfruttare il “kimchi premium”.

Per non parlare del fatto che la finalizzazione di una transazione, a causa dei controlli governativi, richiede anche qualche ora per essere effettuata.

E chi è abituato a fare trading con Bitcoin, sa che i prezzi su questo mercato si muovono con estrema volatilità. Potreste ritrovarvi ad avere comprato a una data quotazione e a rivendere a una quotazione nettamente inferiore anche dopo pochi minuti. Nel frattempo, il presunto premio coreano può persino essere andato a farsi benedire.

Regole più severe per fare trading con Bitcoin

Dunque, fare trading con Bitcoin in Corea del Sud risulta complicato per uno straniero e per le istituzioni finanziarie. Non a caso, questo è il paese con la presenza più bassa di istituzionali sul mercato delle crypto. Il premio è funzione dell’appetito tra il retail domestico. Più cresce, più significa che i sudcoreani vadano a caccia di asset digitali. E dal 19 luglio entrerà in vigore il Virtual Asset User Protection Act, una disciplina severissima a tutela dei consumatori. Le truffe sono punite con sanzioni da tre a cinque volte l’importo ottenuto illecitamente o con una condanna carceraria. Sopra i 3,8 milioni di dollari si rischia l’ergastolo.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
Il suo motto è “Il lettore al centro grazie a una corretta informazione”; ogni suo articolo si pone la finalità di accrescerne le informazioni, affinché possa farsi un'idea dell'argomento trattato in piena autonomia.

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