Eravamo agli inizi di marzo, quando la quotazione dell’oro toccava il suo nuovo massimo storico sopra 2.043 dollari l’oncia. Nei giorni precedenti, la Russia aveva invaso l’Ucraina e il mondo era precipitato nella più grave crisi geopolitica dopo la Seconda Guerra Mondiale. L’esplosione dei prezzi di petrolio e gas aveva lanciato l’allarme circa i futuri tassi d’inflazione. La corsa all’oro sembrava inarrestabile. Venerdì scorso, per un’oncia bastavano 1.655 dollari, quasi un quarto in meno dai massimi.
FED killer della quotazione dell’oro
Il killer della quotazione dell’oro ha un nome e cognome: Jerome Powell, colui che l’ex presidente americano Donald Trump chiamava quasi affettuosamente (a fasi alterne) “Jay”. E’ il governatore della Federal Reserve, la banca centrale americana. Ha già alzato i tassi d’interesse al 2,50% e questa settimana li porterà al 3,25%. Il mercato sconta tassi al 4% entro fine anno e al 4,50% nei primi mesi dell’anno prossimo.
Il rialzo dei tassi FED sta sostenendo i rendimenti americani. Il Treasury a 10 anni offre il 3,45%, il Treasury a 2 anni il 3,90%. Sta, inoltre, tenendo alto il dollaro, che resta ai massimi da venti anni a questa parte e guadagna mediamente il 15% quest’anno contro le principali valute mondiali. Alti tassi e super dollaro zavorrano la quotazione dell’oro. Il metallo è un asset senza cedola. Chi lo compra, lo fa generalmente per proteggersi da alcuni rischi, inflazione in primis.
E crolla anche di più l’argento
Sembra curioso che proprio adesso che l’inflazione è schizzata ai massimi dagli anni Ottanta un po’ in tutte le economie avanzate, l’oro ripieghi.
Da notare come in un paio di settimane, il rapporto tra quotazione dell’oro e quella dell’argento sia crollato da 96,50 a 87,35. Ciò segnala come la prima sia scesa ben più velocemente. Ma agli inizi di marzo, si attestava in area 78, per cui ad avere perso maggiormente smalto negli ultimi mesi è stato proprio l’argento. Non poteva essere altrimenti, trattandosi di un metallo impiegato perlopiù nella produzione di beni come l’elettronica di consumo. Produzione in crisi tra caro bollette, tensioni geopolitiche e filiere bloccate ancora dalla pandemia in giro per il mondo.