Finalmente in pensione dopo 4 anni di indennità? Ecco come

Ecco come nel 2025 c'è chi andrà finalmente in pensione dopo 4 anni di indennità e dopo aver atteso con mille difficoltà l'arrivo dei 67 anni.
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Finalmente in pensione dopo 4 anni di indennità? Ecco come
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Nel 2025, i nati nel 1958 potranno andare in pensione di vecchiaia, poiché raggiungeranno la giusta età pensionabile. Chi sta lavorando e matura 20 anni di contributi al compimento dei 67 anni di età potrà accedere alla pensione.
Ma anche quanti, per anni, hanno goduto di sussidi, indennità e agevolazioni, nel 2025 potranno finalmente andare in pensione.

Un caso particolare è quello di chi, di fatto, ha lasciato il lavoro nel 2021, prendendo ciò che l’INPS prevedeva per ben 4 anni (indennità a termine, precarie, con importi spesso limitati) e nel 2025 potrà finalmente accedere alla pensione.

Finalmente in pensione dopo 4 anni di indennità? Ecco come

Ci sono contribuenti che, nel 2025, potranno finalmente affermare di aver raggiunto la tanto agognata pensione, pur avendo lasciato il lavoro già 4 anni fa. Durante questo periodo, hanno percepito trattamenti a scadenza dall’INPS, ovvero trattamenti a termine che, una volta esauriti, scompaiono del tutto.

Un esempio: coloro che nel 2021 hanno perso il lavoro in seguito a licenziamento, e a 63 anni hanno iniziato a percepire la Naspi (l’indennità di disoccupazione). La Naspi può diventare poi il “veicolo” per accedere all’Ape sociale.
Nel 2025, per questi soggetti, arriva finalmente la pensione.

Chi perde il lavoro in modo involontario può prendere fino a 24 mesi di Naspi. Chi proviene da 4 anni consecutivi di lavoro può arrivare ai 2 anni di Naspi.

Con questa indennità, un disoccupato che abbia compiuto i 63 anni ed abbia 30 anni di contributi può rientrare nel perimetro dell’Ape sociale, e grazie a quest’altra indennità può, di fatto, essere accompagnato alla pensione.

Prima la Naspi poi l’Ape ed infine la vera pensione

Dopo la Naspi, il disoccupato può accedere all’Anticipo pensionistico sociale, esattamente come gli invalidi, i caregiver e chi svolge lavori gravosi. È un trattamento che fa da accompagnamento fino ai 67 anni di età.

Sia la Naspi sia l’Ape sociale, però, sono prestazioni che spesso non bastano per vivere dignitosamente.

La Naspi, per esempio, dopo i primi 6 mesi in cui l’interessato prende il 75% dello stipendio medio degli ultimi 4 anni, inizia a scendere del 3% al mese in modo progressivo, dimezzandosi quasi alla fine del periodo (24 mesi).

Per chi non ha altri redditi o forme di sostentamento, questa riduzione può rappresentare un vero problema. Tuttavia, risulta pur sempre meglio di niente.

Anche l’Ape sociale non è una misura priva di vincoli

L’Ape sociale non può superare i 1.500 euro al mese, non offre la tredicesima e non prevede trattamenti di famiglia. Solo a 67 anni, chi proviene da Naspi e Ape sociale può finalmente percepire la pensione di vecchiaia.

È vero che 4 anni di indennità, tra Naspi e Ape, possono essere un utile strumento di accompagnamento verso la pensione, ma non tutto risulta roseo dal punto di vista economico.

Come più volte sottolineato, misure come l’Ape sociale calzano a pennello per chi non ha alternative: ad esempio, dopo aver perso il lavoro e aver terminato la Naspi, non riesce a ricollocarsi dal punto di vista lavorativo. Così preferisce percepire una prestazione, anche se minima, attendendo finalmente i 67 anni di età.

Giacomo Mazzarella

In Investireoggi dal 2022 è una firma fissa nella sezione Fisco del giornale, con guide, approfondimenti e risposte ai quesiti dei lettori.
Operatore di Patronato e CAF, esperto di pensioni, lavoro e fisco.
Appassionato di scrittura unisce il lavoro nel suo studio professionale con le collaborazioni con diverse testate e siti.

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