Il board di ieri alla Banca Centrale Turca è stato il primo ad essere presieduto dal nuovo governatore Fatih Karahan, succeduto a Gaye Hafize Erkan dopo le dimissioni rese per uno scandalo che coinvolge i suoi familiari. E il debutto ha posto fine al ciclo dei rialzi per i tassi di interesse, iniziato otto mesi fa. Sono stati confermati al 45%. Erano all’8,50% nel giugno scorso. Ma il comunicato dell’istituto ha avvertito su possibili nuovi aumenti nel caso in cui si rendesse necessario.
La svolta con Erkan in soli otto mesi
A gennaio, l’inflazione in Turchia è salita a quasi il 65% su base annuale e del 6,70% su dicembre, l’incremento mensile più elevato da agosto. Il mercato si aspetta che resti elevata per i prossimi mesi, salvo dimezzarsi entro la fine dell’anno. Per l’istituto sarà del 36% a dicembre. In queste condizioni, un taglio dei tassi arriverebbe o nella seconda metà dell’anno o direttamente nei primi mesi del 2025.
La lira turca starebbe raggiungendo il suo valore di mercato dopo essere stata per anni sostenuta dai vari governatori che si sono succeduti a colpi di misure non convenzionali e che hanno deteriorato partite correnti e riserve valutarie. In soli otto mesi, Erkan era riuscita a risollevare le riserve valutarie (+31,5 miliardi di dollari tra giugno a settembre per le riserve nette) e a ridurre il deficit corrente dai 49 miliardi del 2022 a 45 miliardi, mentre la bilancia commerciale segnala un netto miglioramento, pur restando in disavanzo.
Svalutazione quasi finita?
E’ servita una svalutazione di un altro 33% della lira turca per rimettere un po’ in ordine le cose. Inevitabile l’impatto sull’inflazione, a causa del boom dei costi delle importazioni. Anche se Karahan ha tenuto i tassi invariati, il comunicato è stato percepito più “hawkish” del precedente e ciò non ha frustrato le aspettative del mercato, unitamente al fatto che lo stesso neo-governatore avesse anticipato la pausa per la stretta. Con le elezioni amministrative in vista, tra cui nella metropoli di Istanbul, il presidente Recep Tayyip Erdogan non potrà che essere soddisfatto. Politicamente, il mancato aumento dei tassi di ieri si rivela più sostenibile di un’eventuale prosecuzione della stretta.
Lira turca sotto pressione con le elezioni amministrative
I rischi non mancano. Proprio in vista delle elezioni, il governo sta allentando la politica fiscale. E la spesa in deficit non fa che alimentare l’inflazione, che a sua volta indebolisce la lira turca e viceversa. E si aggiunga che le riserve valutarie, dopo essere culminate a dicembre, hanno accusato una discesa. I capitali stranieri potrebbero restare alla finestra per il tempo necessario di verificare la bontà del nuovo corso. La buona notizia paradossalmente è che l’indice di fiducia tra i consumatori turchi è sceso per la prima volta a febbraio (-1,3%) dopo cinque mesi consecutivi di crescita. La propensione a consumare si starebbe riducendo e questo è positivo per l’inflazione, perché anticiperebbe un “raffreddamento” della domanda indispensabile per fermare la corsa dei prezzi.