Il sistema previdenziale italiano, ancora oggi, prevede la c.d. pensione di vecchiaia. Ossia la possibilità di pensionamento con 67 anni di età e 20 anni di contribuzione obbligatoria, che in alcuni casi può scendere a 15 anni.

In applicazione del c.d. cumulo contributivo gratuito, gli anni di contribuzione obbligatoria possono essere raggiunti anche sommando i contributi versate alle diverse gestioni previdenziali in cui si è risultati iscritti. Quindi, ad esempio, un soggetto che per alcuni anni è stati iscritto alla gestione dipendenti, per altri anni alla gestione artigiani e commerciali e per altri ancora alla gestione separata, può fare la somma dei predetti periodi contributivi.

A prevederlo è espressamente la legge n. 232/2016.

Inoltre, possono essere considerati anche i contributi versati altro Paese della UE o anche extra comunitario laddove è in essere una convenzione internazionale in materia di sicurezza sociale.

L’età anagrafica e la deroga Amato

Fermo restando il requisito contributivo obbligatorio dei 20 anni, il requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia ha subito delle variazioni dal 2017 ad oggi. Prima del 2019, ad esempio, servivano 66 anni e 7 mesi per i dipendenti pubblici e privati e lavoratori autonomi. Servivano 65 anni e 7 mesi per le lavoratrici settore privato e 66 anni e 1 mese per le lavoratrici autonome.

Dal 2019, invece, l’età anagrafica per la pensione di vecchiaia è stata equiparata per tutti a 67 anni. Tale requisito sarà mantenuto fino al 2026 (Decreto ministeriale del 5 novembre 2019).

In alcuni casi, fermo restando il requisito dei 67 anni di età, invece che 20 anni di contribuzione obbligatoria, bastano anche solo 15 anni. Ciò vale per i beneficiari delle deroghe Amato (D. Lgs. n. 503 del 1992). In dettaglio, si tratta in particolare delle seguenti categorie di soggetti:

  • lavoratori dipendenti e autonomi che al 31 dicembre 1992 hanno maturato 15 anni di anzianità contributiva;
  • lavoratori dipendenti e autonomi ammessi alla prosecuzione volontaria della contribuzione in data anteriore al 31 dicembre 1992;
  • lavoratori dipendenti che possono far valere un’anzianità assicurativa di almeno 25 anni e risultano occupati per almeno 10 anni, anche non consecutivi, per periodi di durata inferiore a 52 settimane nell’anno solare.

Pensione di vecchiaia a 67 anni con la laurea

Che servano 20 anni di contributi o 15 anni, ai fini del raggiungimento del requisito contributivo si considerano utili anche i contributi versati per:

  • riscatti di laurea;
  • accrediti gratuiti del servizio militare;
  • contribuzione figurativa correlata alla indennità di disoccupazione Naspi.

Si consideri un soggetto che ha 17 anni di contributi e 67 anni di età nel 2024.

Se questi ha conseguito la laurea con un corso di studi di 4 anni, ed ha riscattato anche solo 3 anni, può considerare raggiunto il requisito contributivo dei 20 anni e, quindi, andare in pensionamento con la pensione di vecchiaia. Ricordiamo che, il riscatto della laurea comporta la necessità di versare, comunque, i contributi all’INPS calcolati in funzione di alcuni parametri.

Riassumendo…

  • la pensione di vecchiaia è quella che chiede 67 anni di età e 20 anni di contribuzione obbligatoria
  • in alcuni casi, invece che 20 anni di contributi, possono bastare 15 anni
  • ai fini del raggiungimento del requisito contributivo vale il principio del cumulo gratuito
  • sono considerati validi anche i contributi derivanti dal riscatto della laurea.