L’Ape sociale che dal 2017 è stata in vigore e prorogata anno dopo anno, cesserà di avere effetto a partire dal primo gennaio 2024. Dal momento che l’Ape sociale è forse l’unica misura prevista dall’INPS che non prevede la cristallizzazione del diritto, la sua cessazione sarà definitiva perché non ci sarà nessuno che l’anno venturo potrà chiedere di uscire dal lavoro con questa misura. Nemmeno se aveva maturato il diritto negli anni precedenti e non lo aveva sfruttato. Questo però non vuol dire che nel 2024 non ci sarà una misura simile all’Ape sociale anche se differente dal punto di vista dei requisiti.

Infatti il governo ha deciso di salvaguardare tutte le categorie a cui l’Ape sociale era destinata, con una nuova misura. Ma cosa cambia tra la vecchia e la nuova pensione a 63 anni? Oggi cerchiamo di rispondere a tutte le domande dei lettori che ci chiedono come funzionerà la nuova prestazione agevolata per disoccupati, lavori gravosi, invalidi e caregivers. Soprattutto da punto di vista dei requisiti, tra conferme dei vecchi e nuovi paletti.

Ape sociale addio, ma come funziona la nuova pensione a 63 anni? ecco vincoli e limiti

Al posto dell’Ape sociale il governo ha deciso di inserire una misura che parte proprio dai 63 anni e quindi una misura che consente l’uscita alla medesima età della precedente. Ma cosa cambia nello specifico tra le due misure se l’età è la stessa? Innanzi tutto finisce la differenziazione dei requisiti in base alla categoria di appartenenza. Tutti usciranno, stando a ciò che hanno introdotto nella Legge di Bilancio, con 63 anni di età e 36 anni di contributi versati.

Invalidi, caregiver e disoccupati come i lavori gravosi quindi (con l’Ape sociale le prime tre categorie avevano 30 anni come requisito contributivo). In pratica tutti con 36 anni di contributi che devono essere necessariamente completati per consentire un pensionamento anticipato di circa 4 anni.

La misura resta un assegno di accompagnamento alla pensione. Sembra infatti che alcuni vincoli dell’Ape sociale resteranno pure per questa nuova misura.

Dall’Ape sociale alla nuova misura a 63 anni, cosa resta?

Un autentico reddito ponte che accompagnerà i lavoratori fino al raggiungimento dei 67 anni di età. Infatti la nuova misura dovrebbe fermarsi a 67 anni quando gli interessati dovranno presentare la vera e propria domanda di pensione di vecchiaia. Oltretutto, se verrà copiato interamente il meccanismo dell’Anticipo pensionistico sociale, probabilmente anche la nuova misura avrà al suo interno i seguenti limiti:

  • Importo non più alto di 1.500 euro al mese;
  • Misura non reversibile a causa di decesso prematuro del titolare della prestazione;
  • Nessuna tredicesima e misura che si basa su 12 mensilità;
  • Misura che non prevede maggiorazioni sociali e integrazioni al trattamento minimo;
  • Misura che non si adegua anno dopo anno al tasso di inflazione.

Anche il ricalcolo contributivo verrà inserito nella misura?

Quelle prima citate sono le caratteristiche principali dell’Ape sociale e potrebbero fare capolino anche nel nuovo strumento. Usare l’ipotetico è necessario visto che la legge di Bilancio ancora non è definitiva. Pertanto ciò che hanno riportato il 16 ottobre dopo l’approvazione della manovra da parte del Consiglio dei Ministri, potrebbe essere suscettibile di modifiche. Oltretutto ci sarebbe anche il rischio che tutto peggiori se si decide di rendere la misura contributiva.

Infatti il piano del governo è di creare un fondo che al suo interno ha sia questa misura sostitutiva dell’Ape sociale che una nuova versione di opzione donna. Se anche la misura di pensionamento anticipato per le donne diventa un assegno ponte e temporaneo (con 63 anni di età e 35 anni di contributi, ndr), non è escluso che anche per queste misure si adotti il ricalcolo contributivo della prestazione.

Un sistema di calcolo notoriamente penalizzante sugli importi della prestazione.