Buongiorno,

le invio per conto del sig. C. R. la documentazione da parte dell’Inps in cui gli viene rifiutata l’APE Social.

Il motivo dell’ultimo rifiuto sembra essere il mancato licenziamento, ma essendo stato assunto con contratto a chiamata, il termine di tale contratto non è da considerarsi un licenziamento?

Nella speranza di ricevere una sua risposta le pongo i miei saluti.

 

Il contratto a chiamata è conosciuto anche con il nome di contratto a intermittenza il lavoro intermittente prevede prestazioni lavorative svolte soltanto a chiamata da parte dell’azienda e del datore di lavoro.

I lavoratori, quindi, vengono occupati solo in particolari giornate o per piccoli periodi.

Per quel che riguarda, invece, l’Ape sociale, così che è riportato sul sito dell’Inps, per i lavoratori disoccupati è rivolta a coloro “che hanno finito integralmente di percepire, da almeno tre mesi, la prestazione per la disoccupazione loro spettante. Lo stato di disoccupazione deve essere conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento, anche collettivo, dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale nell’ambito della procedura obbligatoria di conciliazione prevista per i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo di cui all’articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604;”. Fino al 2017 l’Ape sociale era riservata soltanto ai licenziati da rapporto di lavoro a tempo indeterminato mentre con la legge di Bilancio 2018 la platea è stata allargata anche a coloro che si trovavano privi di lavoro a causa di cessazione di rapporto a tempo determinato a patto che nei 3 anni precedenti la cessazione del lavoro potessero vantare 18 mesi di lavoro effettivo.

In nessuna delle normative, però, si cita l’inclusione della cessazione del lavoro a chiamata e forse per questo motivo la domanda è stata rigettata.

Se hai domande o dubbi, contattami: [email protected]

“Visto il sempre crescente numero di persone che ci scrivono vi chiediamo di avere pazienza per la risposta, risponderemo a tutti”