L’assegno ordinario d’invalidità, previsto dalla legge numero 222 del 1984, è una delle principali misure destinate a soggetti affetti da patologie fisiche e mentali che causano una riduzione permanente della capacità lavorativa pari ad almeno i due terzi.

Spesso questa misura viene confusa con la pensione ordinaria di inabilità, che è anch’essa una prestazione economica prevista dalla stessa legge, ma destinata a soggetti la cui patologia fisica o psichica comporta una totale e definitiva impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa.

Le differenze tra queste due misure riguardano la loro natura e i requisiti richiesti.

Per questo motivo, è importante una guida in materia, per chiarire i dubbi dei lettori che ci chiedono informazioni su quale misura possano sfruttare dopo essere stati riconosciuti invalidi.

Assegno di invalidità e pensione di inabilità: differenze e soluzioni per chi è affetto da disabilità

Partiamo dall’assegno ordinario di invalidità, che è una misura erogata dall’INPS su domanda dell’interessato e destinata a chi ha una parziale riduzione della capacità lavorativa. L’assegno ordinario di invalidità può essere concesso a tutti i lavoratori, sia dipendenti che autonomi. In genere, l’assegno è concesso con validità triennale, dopodiché è necessario sottoporsi a una visita per la conferma di un altro triennio.

Dopo la terza conferma, la misura diventa definitivamente appannaggio dell’invalido. Oltre alla riduzione della capacità lavorativa, per beneficiare dell’assegno ordinario di invalidità è necessario aver versato un certo numero di contributi previdenziali.

Contano anche i contributi, sia per il diritto che per l’entità delle prestazioni

Sono richiesti infatti almeno 5 anni di contributi versati (almeno 260 settimane di contribuzione). Di questi, non meno di 3 anni (156 settimane) devono essere recenti, cioè versati negli ultimi 5 anni prima della presentazione della domanda di assegno. È un errore comune considerare i 3 anni da versare negli ultimi 5 a partire dalla decorrenza del trattamento.

Diverse sentenze dei tribunali hanno stabilito che la data utile per far decorrere i 5 anni di tempo necessari per completare la carriera di 156 settimane di contribuzione sia quella di presentazione della domanda.

La fruizione dell’assegno ordinario non è incompatibile con redditi da lavoro. Infatti, per la sua concessione, l’INPS non richiede la cessazione dell’attività lavorativa.

Pertanto, non sussistono problematiche se l’invalido, dopo la concessione della prestazione, torna a lavorare sia come dipendente che come autonomo. Inoltre, durante il periodo di fruizione dell’assegno ordinario di invalidità, l’interessato matura anche contribuzione figurativa, nel caso smetta di lavorare. Questa contribuzione può essere utilizzata per raggiungere i requisiti della pensione di vecchiaia a 67 anni di età (quando saranno necessari almeno 20 anni di versamenti).

Assegno ordinario di invalidità: il calcolo della prestazione e alcune particolarità

Dal punto di vista degli importi, il calcolo della prestazione è legato ai contributi versati. Dal momento che si tratta di una misura che combina aspetti previdenziali (servono i contributi, come detto prima) e assistenziali, il calcolo è quello classico applicato a tutte le altre pensioni. Esiste la possibilità di godere di integrazioni al trattamento minimo per chi ha redditi non eccedenti il doppio dell’assegno sociale (nel 2024 l’assegno sociale è pari a 534,41 euro) o il triplo nel caso di soggetti coniugati.

Poiché il titolare dell’assegno ordinario di invalidità può ancora lavorare, tutti i contributi versati dopo la liquidazione dell’assegno danno diritto a un supplemento di pensione. Ogni 5 anni trascorsi lavorando, l’invalido può richiedere all’INPS di ricalcolare l’assegno con l’aggiunta dei contributi versati in quel periodo.

Pensione di inabilità: ecco alcuni chiarimenti

Come accennato, l’assegno ordinario di invalidità viene spesso confuso con la pensione ordinaria di inabilità. Questa pensione è destinata a disabili con totale e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa, condizione derivante da menomazioni fisiche o mentali, come già detto in precedenza.

Anche per questa misura, sono richiesti almeno 5 anni di contributi, di cui 3 anni negli ultimi 5 anni prima della presentazione della domanda di pensione. Per la pensione di inabilità, l’INPS richiede la cessazione dell’attività lavorativa, poiché si tratta di una prestazione erogata a chi non può svolgere alcuna attività. Pertanto, il disabile deve cessare la sua attività da dipendente oppure chiudere la sua attività da lavoratore autonomo, cancellandosi da albi, elenchi, registri e simili.

La pensione di inabilità riguarda i soggetti con un’invalidità del 100%, di età compresa tra i 18 e i 65 anni. L’importo della pensione è pari a 333,33 euro nel 2024, ma solo per chi non supera il limite di reddito di 19.461,12 euro.