In Italia, sono 561.000 le persone che ricevono un assegno pensionistico ‘speciale’ da oltre 40 anni. Sono i Baby pensionati che, dal 1981, pesano sulle casse dell’INPS. Sono questi gli ultimi dati diffusi dall’Ente previdenziale relativi alle pensioni 2021. Un sistema vergognoso.

Nel nostro Paese, da una parte, l’età di 67 anni per la pensione di vecchiaia è destinata ad aumentare, dall’altra, c’è chi ha lasciato il lavoro con la baby pensione nel pieno delle forze. Con il sistema delle baby pensione, l’età media per l’accesso alla pensione nel pubblico impiego è stata di 44 anni potendo uscire dal lavoro con pochi anni di contributi.

In realtà, le baby pensioni sono state introdotte nel 1973 dal Governo Rumor: negli anni ’90 si è tentato di porre rimedio a questa politica scellerata aumentando l’età pensionabile fino a giungere agli attuali 67 anni.

Oggi la situazione è questa: più di mezzo milione di baby pensioni versate da oltre 40 anni contro la crisi nel mercato del lavoro aggravata dalla pandemia.

I giovani dal futuro incerto se lo chiedono: perché il nostro lavoro deve sostenere le politiche scellerate di 40 anni fa?

Baby pensionati da oltre 40 anni: i numeri della vergogna

I dati INPS parlano chiaro: le baby pensioni percepite da oltre 40 anni come pure i prepensionamenti a 10 anni hanno inciso negativamente sul PIL portando, inesorabilmente, alla Legge Fornero nel 2011.

Ecco i numeri della vergogna:

– 561mila baby pensionati dal 1981 e dagli anni precedenti, tra cui anche pensioni di vecchiaia, dei superstiti e di invalidità previdenziale. Il numero cala a 318mila considerando gli assegni di invalidità civile;

– età media del baby pensionato nel settore privato di 41,8 anni per un importo medio di 587 euro, mentre nel settore pubblico è di 41,2 anni;

– età media di 53,7 anni per 53.634 pensioni di vecchiaia nel settore privato, mentre in quello pubblico l’età media è di 44 anni (21.104 pensioni) per un importo medio mensile di 1.525 euro;

– il sistema delle baby pensioni del 1980 consentiva alle donne con figli di congedarsi con 14 anni, 6 mesi e 1 giorno di contribuzione;

– altre norme consentivano l’accesso alla pensione con 20-25 anni di contributi.

Il disavanzo che ha portato alla Legge Fornero

A 40 anni fa risalgono le seguenti pensioni pagate dall’INPS suddivise per categorie di lavoratori:

– nel settore privato, 423.009 pensioni fino al 1980 e 67.245 pensioni dal 1981;

– nel settore pubblico, 53.274 pensioni nel 1980 e negli anni precedenti, 17.508 pensioni del settore pubblico del 1981;

– 16.787 pensioni di inabilità (con età media di 38,2 anni);

– 15.383 assegni ai superstiti (40,8 anni) per un assegno medio mensile di 1.181 euro.

Dal pubblico impiego ci si poteva congedare con soli 19 anni, 6 mesi e un giorno, con un prepensionamento prima dei 40 anni.

Secondo l’analisi dell’INPS, come pure del Rapporto di Itinerari previdenziali 2020, è stato registrato un disavanzo a fine 2018 pari a 7.839 milioni ed a 7.283 milioni nel 2019 (evidenziato nel Rapporto 2021).

Tutto è scaturito da politiche sbagliate con prepensionamenti anche di 10 anni in vari settori (agricoltura, siderurgia, carta e porti, pubblico impiego, Poste, Alitalia, Ferrovie dello Stato, Fiat, Olivetti).

I pesanti effetti della spesa pensionistica sul debito pubblico e sul PIL hanno portato alla Riforma Monti-Fornero.

Quanto peserà Quota 100? Per evitare altri errori che appesantiscono il sistema previdenziale, che direzione dovrà prendere la prossima Riforma Pensioni?