Più anni trascorrono lavorando, più la pensione sembra allontanarsi. Questa è la realtà per i lavoratori in Italia. Fino al 2011, erano sufficienti determinati requisiti per andare in pensione. Successivamente, la Legge Fornero ha reso questi criteri più severi.

Di seguito, si sono susseguite varie misure: l’opzione donna, l’Ape volontaria e sociale, la quota 41 per i lavoratori precoci, e le diverse versioni della quota 100, 102 e 103, introducendo limitazioni sempre più stringenti per l’uscita dal mondo del lavoro.

Nel frattempo, l’incremento dell’aspettativa di vita ha aggiunto ulteriori 5 mesi all’età pensionabile ordinaria, con un ulteriore aumento previsto per il 2027.

Un circolo apparentemente senza fine. Tuttavia, a 62 anni, oggi esiste la possibilità concreta di andare in pensione immediatamente o di pianificarla per il futuro.

Basta rincorrere la pensione, a 62 anni puoi lasciare il lavoro

In risposta ai numerosi quesiti ricevuti in redazione da lettori che cercano una via per ritirarsi dal lavoro, esploriamo alcune opzioni per chi compie 62 anni. Le possibilità non mancano, a partire dalla quota 103. Sebbene questa misura sia stata adeguata a diventare contributiva, è importante riconoscere che presto il sistema contributivo predominerà. Non c’è quindi motivo di allarmarsi.

Le misure alternative alle pratiche ordinarie offrono flessibilità e sono facoltative, pertanto eventuali penalizzazioni sugli importi devono essere viste come un compromesso per accedere alla pensione anticipatamente, scelta che spetta al lavoratore.

Così, chi nel 2024 ha 62 anni può optare per la pensione con la quota 103, a condizione di aver accumulato 41 anni di contributi, indipendentemente dalla loro natura, rispettando il requisito di 35 anni effettivi di lavoro. Questo significa escludere dal conteggio i contributi figurativi per periodi di disoccupazione o malattia.

Farsi accompagnare alla pensione è possibile

Un’altra possibilità di lasciare il lavoro a 62 anni è offerta dalla Naspi. Nel caso in cui l’azienda licenzi il lavoratore sessantaduenne, quest’ultimo ha diritto all’indennità INPS per disoccupati involontari, per un massimo di due anni.

Questo periodo può essere sfruttato in attesa di raggiungere i 64 anni, età che permette l’accesso alla pensione anticipata contributiva. Infatti, è possibile ottenere una pensione a 64 anni con almeno 20 anni di contributi. A patto che l’importo non sia inferiore a tre volte l’assegno sociale INPS.

Per le lavoratrici che sono diventate madri più volte, la pensione minima, o importo soglia, deve essere almeno 2,6 volte l’assegno sociale, mentre per chi ha un solo figlio, l’importo minimo soglia è di 2,8 volte. Così, la Naspi si trasforma in un vero e proprio ponte verso il pensionamento.

Il futuro incerto delle pensioni, cosa può accadere

Abbiamo discusso la pensione anticipata contributiva, rivolta a chi ha iniziato a versare contributi dopo il 31 dicembre 1995. Questa misura, strutturale per natura, è garantita fino al 2026, esclusa da eventuali adeguamenti per l’aspettativa di vita.

Dal 2027, è probabile che saranno necessari 20 anni e 2 mesi di contributi, anziché i 20 attuali, e un’età di 64 anni e 2 mesi, non più solo 64. Inoltre, è incerta la permanenza dell’Ape sociale, che attualmente consente il pensionamento a 63 anni e 5 mesi, con una scadenza fissata al 31 dicembre 2023 e senza conferme di proroga.

Se l’APE dovesse essere rinnovata, rappresenterebbe un’ulteriore via d’uscita al termine della Naspi. Chi, a 62 anni, ha già accumulato 40 anni di contributi, può utilizzare la Naspi per raggiungere i 42,10 anni necessari per le pensioni anticipate ordinarie. Con un anno in meno di requisiti per le donne.

Questo calcolo include i contributi figurativi assegnati durante il periodo di percezione dell’indennità di disoccupazione. La pensione anticipata ordinaria rimarrà in vigore con le attuali regolazioni fino al 2026, ma dal 2027 i requisiti potrebbero subire incrementi.