Chi intende richiedere il c.d. bonus case di cure ossia scaricare in dichiarazione dei redditi le spese pagate per se stesso o per i propri familiari per la “degenza” presso una casa di cura, deve prestare molta attenzione alla fattura che gli è stata rilasciata; questo perchè non tutte le voci indicate in fattura possono essere scaricate.

Inoltre se la fattura emessa dalla casa di riposo riporta un unico importo mensile complessivo, senza distinguere tra spese per prestazioni di assistenza personale e spese per vitto ed alloggio, l’Agenzia delle entrate potrebbe richiedere indietro tutto il bonus.

Il bonus per le case di cura

Quando si parla di bonus case di cura, si fa riferimento alla detrazione prevista all’art. 15, comma 1, lett. i- septies) del DPR 917/86. TUIR.

In particolare, è possibile scaricare le spese sostenute per gli addetti all’assistenza personale (Rigo E8/E10, cod. 15 del 730). L’agevolazione ossia la detrazione Irpef,  è calcolata al 19% su una spesa massima pari a euro 2.100.

Non possono essere detratte le spese sostenute nel 2022 che nello stesso anno sono state rimborsate dal datore di lavoro in sostituzione delle retribuzioni premiali e indicate nella CU 2023 (punti da 701 a 706) con il codice 15.

Il limite di 2100 euro deve essere sempre considerato con riferimento al singolo contribuente. A prescindere dal numero di soggetti cui si riferisce l’assistenza.  Per intenderci, se un contribuente ha sostenuto spese per sé e per altri familiari, l’importo su cui calcolare la detrazione non può comunque superare euro 2.100.

A ogni modo, l’agevolazione spetta:

  • nei casi di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana;
  • se il reddito complessivo non supera euro 40.000. Nel predetto limite di reddito deve essere computato il reddito dei fabbricati assoggettato alla cedolare secca sulle locazioni.

Sono considerati non autosufficienti nel compimento degli atti della vita quotidiana i soggetti che necessitano di sorveglianza continuativa o che non sono in grado di svolgere almeno una delle seguenti attività: assunzione di alimenti; espletamento delle funzioni fisiologiche e dell’igiene personale; deambulazione; indossare gli indumenti.

Lo stato di non autosufficienza deve derivare da una patologia e deve risultare da certificazione medica, non può essere quindi riferito ai bambini quando la non autosufficienza non si ricollega all’esistenza di patologie (Circolare 03.01.2005 n. 2/E, paragrafo 4).

Bonus case di cure. Le spese agevolate

Come accennato in premessa, il bonus case di cura spetta per le spese sostenute per se stesso e per i propri familiari. Anche non fiscalmente a carico.

Tali indicazioni sono state ribadite dall’Agenzia delle entrate nella circolare n°14/2023.

La detrazione spetta per le spese sostenute per gli addetti all’assistenza personale (ad esempio, per le c.d. badanti) anche se le prestazioni di assistenza sono rese da:

  • una casa di cura o di riposo (Risoluzione 22.10.2008 n. 397/E);
  • una cooperativa di servizi (Circolare 18.05.2006 n. 17/E, risposta 8);
  • un’agenzia interinale.

La detrazione non spetta per:  le spese sostenute per i lavoratori domestici (colf) che hanno un inquadramento contrattuale diverso dagli addetti all’assistenza personale; i contributi previdenziali che sono deducibili dal reddito ai sensi dell’art. 10, comma 2, del TUIR che vanno indicati nel rigo E23.

Bonus case di cure. Come difendersi dal Fisco

In base a quanto detto finora, sono agevolate anche i periodi di “soggiorno” presso le case di cura.

Particolare attenzione va posta circa la documentazione attestante il pagamento della spesa.

Infatti, in primis, ma questo al di là se la spesa è stata sostenuta per la casa di cura, il contribuente deve dimostrare l’utilizzo di sistemi di pagamento “tracciabili” (carta di credito, debito, bonifico, ecc.), mediante la relativa annotazione in fattura, ricevuta fiscale o documento commerciale, da parte di cui che incassa i soldi.

In alternativa,

l’utilizzo di sistemi di pagamento “tracciabili” può essere dimostrato mediante prova cartacea della transazione (ovvero tramite ricevuta della carta di debito o della carta di credito, copia bollettino postale, MAV, dei pagamenti con PagoPA, estratto conto, ecc.). La documentazione deve contenere gli estremi anagrafici e il codice fiscale del soggetto che effettua il pagamento e di quello che presta l’assistenza. Se la spesa è sostenuta in favore di un familiare, nella ricevuta devono essere indicati anche gli estremi anagrafici e il codice fiscale di quest’ultimo (circolare n°14/2023).

Attenzione, se le prestazioni di assistenza sono rese da una casa di cura o di riposo, la documentazione deve certificare distintamente i corrispettivi riferiti all’assistenza rispetto a quelli riferibili ad altre prestazioni fornite dall’istituto ospitante (Circolare 16.03.2005 n. 10/E, risposta 10.8). Pena la perdita della detrazione. In tal modo, si superano eventuali controlli del Fisco.

Riassumendo.

  • E’ possibile scaricare in dichiarazione dei redditi le spese sostenute per gli addetti all’assistenza personale;
  • l’agevolazione ossia la detrazione Irpef,  è calcolata al 19% su una spesa massima pari a euro 2.100;
  • se le prestazioni di assistenza sono rese da una casa di cura o di riposo, la fattura deve certificare distintamente i corrispettivi riferiti all’assistenza rispetto a quelli riconducibili ad altre prestazioni.