Sul bonus per chi lavora in Italia, massima attenzione allo smartworking effettuato dall’estero! In quanto, anche per lo smartworking, il regime fiscale speciale per gli impatriati non sempre è applicabile. Nel caso in cui, in particolare, l’attività lavorativa non venga svolta nel territorio dello Stato italiano per più di 183 giorni.

A chiarirlo, proprio sul bonus per chi lavora in Italia, è stata l’Agenzia delle Entrate. Precisamente con la risposta ad un interpello. Da parte di un dipendente di una società italiana che, proprio in smartworking, ha svolto attività lavorativa all’estero.

Chiedendosi, proprio sul bonus per chi lavora in Italia, se fosse applicabile nel suo caso il regime speciale per i lavoratori impatriati. Così come è previsto dal decreto legislativo del 14 settembre del 2015 in corrispondenza dell’articolo 16.

Bonus per chi lavora in Italia: massima attenzione allo smartworking dall’estero!

Nella fattispecie il dipendente, anche se in smartworking, nell’anno ha lavorato per più di 183 giorni dall’Olanda. E, quindi, in questo caso, l’agevolazione al lavoratore non spetta. Fatte salve, comunque, le convenzioni contro le doppie imposizioni che l’Italia ha siglato con i Paesi esteri.

Per l’accesso al bonus per chi lavora in Italia anche in smartworking, quindi, a far fede è il Paese dove è fisicamente presente il lavoratore quando svolge le mansioni, pure a distanza, per le quali è remunerato. Con il bonus rimpatriati che, quindi, non spetta se l’attività non è svolta nell’anno di riferimento in Italia per almeno 184 giorni.

Come funziona il regime fiscale speciale per gli impatriati?

Il dipendente che ha lavorato in smartworking dall’Olanda, ha chiesto all’Agenzia delle Entrate, ottenendo risposta negativa, la possibilità di avvalersi del regime fiscale speciale per gli impatriati.

Che permette per ben 5 anni, sul bonus per chi lavora in Italia, un abbattimento del 30% dell’imponibile fiscale. Ma a patto che il lavoratore rientri in Italia dopo aver trascorso almeno due anni all’estero.

Con l’obbligo poi di permanenza nel nostro Paese, a sua volta, per almeno due anni.