Oggi il pensionato che ha raggiunto i requisiti per andare in pensione già a 62 anni vive in una specie di paura. Perché a quella età, e con 41 anni di contributi versati, si rientra nella quota 103, una misura vantaggiosa per l’età di pensionamento ma meno per l’importo della prestazione.

Questa paura spinge molti lavoratori a scegliere il male minore: restare al lavoro, rinunciando a una misura di pensionamento anticipato che, sebbene fosse abbastanza favorevole fino al 2023, era già di per sé limitata.

“Buonasera, mi chiamo Stefano e volevo comprendere i pro e i contro della quota 103 di oggi. Perché ho già 62 anni e ho versato 41 anni di contributi, ma per andare in pensione con questa misura dovrei accettare delle regole di calcolo della pensione che mi penalizzerebbero in termini di importo della prestazione. Ecco perché volevo capire se ci sono vie alternative a questi tagli pesanti che voi mi avete illustrato.”

Molte cose sono cambiate dopo l’ultima Legge di Bilancio del Governo

Il confronto tra la quota 103 del 2023 e quella del 2024 evidenzia una netta differenza in termini di appetibilità, completamente a favore della versione 2023. L’unica azione positiva della Legge di Bilancio per la quota 103 è stata la sua proroga di un altro anno, cosa non scontata, poiché originariamente doveva terminare il 31 dicembre 2023. Tuttavia, nella proroga sono state introdotte tre modifiche che hanno penalizzato i lavoratori. Fino al 31 dicembre 2023, la pensione con la quota 103 si otteneva con:

  • 62 anni;
  • 41 anni di contributi.

Inoltre, la prestazione presentava le seguenti caratteristiche:

  • pensione alla data di liquidazione del primo rateo non più alta di 5 volte il trattamento minimo;
  • divieto di cumulo con altri redditi da lavoro, con l’eccezione del lavoro autonomo occasionale, ma solo se i redditi sono pari o inferiori a 5.000 euro per anno solare;
  • decorrenza a finestra mobile con 3 mesi di attesa per i lavoratori del settore privato e 6 mesi per i lavoratori pubblici, ad eccezione della scuola che ha regole proprie di decorrenza delle pensioni;
  • pensione calcolata con il sistema retributivo per i periodi fino al 1996 o al 2012 e contributivo successivamente.

La quota 103 nel 2024, ecco come è cambiata la misura e perché piace sempre meno

Come detto, la Legge di Bilancio del 2024 ha apportato alcune modifiche.

Età e contributi sono rimasti invariati, così come il divieto di cumulo e l’eccezione per il lavoro autonomo occasionale. Tuttavia, molte altre cose sono cambiate, e sempre in peggio per i lavoratori. Infatti, le nuove caratteristiche nel 2024 includono:

  • pensione non più alta di 4 volte il trattamento minimo, sempre alla data di liquidazione;
  • finestra di 7 mesi per i lavoratori privati e di 9 mesi nel pubblico impiego;
  • pensione calcolata con il sistema contributivo.

Queste modifiche sono altamente penalizzanti. Per esempio, un lavoratore che avrebbe diritto a un trattamento più alto vedrà un taglio significativo passando da 5 a 4 volte il trattamento minimo per la pensione più alta ottenibile. Fortunatamente, questo taglio può durare al massimo 5 anni, poiché a 67 anni la pensione viene ricalcolata e potrebbe superare la soglia massima inizialmente prevista.

Anche le finestre più lunghe rappresentano un serio problema: i lavoratori del settore privato, sia dipendenti che autonomi, perdono così 4 mesi di pensione rispetto ai 3 mesi del 2023. Nel pubblico impiego, ad eccezione della scuola, la perdita è di tre mesi, passando da 6 a 9 mesi di attesa.

Meno appeal per la pensione con quota 103 nel 2024, ecco perché

Il cambiamento nel calcolo della pensione, che nel 2023 era misto e nel 2024 è diventato totalmente contributivo, elimina la parte di pensione calcolata in base alle ultime retribuzioni. I lavoratori che hanno raggiunto i 18 anni di contributi pieni al 31 dicembre 1995 erano avvantaggiati dal sistema retributivo fino al 31 dicembre 2011.

Con la quota 103, ricevono ora una prestazione tagliata anche del 30% o più a causa del sistema contributivo.

La pensione viene calcolata interamente in base all’ammontare dei contributi versati, e la penalizzazione è permanente, accompagnando il lavoratore per tutta la vita.

Come si fa ad evitare di perdere soldi sulla pensione a 62 anni senza rinunciare a uscire dal lavoro?

Le alternative per evitare penalizzazioni sono principalmente due per chi si trova a 62 anni di età con 41 anni di contributi. Si può optare, se possibile, per una misura diversa di pensionamento, oppure sfruttare la quota 103 del 2023 se i requisiti sono stati raggiunti già prima del primo gennaio 2024.

Chi ha maturato i requisiti in tempo utile ha preservato il diritto a sfruttare la stessa misura del 2023 nonostante i cambiamenti.

Ecco come salvare la pensione da tagli, penalizzazioni e perdite a 62 anni di età

Un’altra via è optare per misure differenti di pensionamento. Per esempio, se l’interessata è una donna, potrebbe considerare l’Opzione Donna. Che pur essendo contributiva non prevede il vincolo dell’importo massimo della pensione non eccedente le 4 volte il trattamento minimo. E non vi è il divieto di cumulo tra redditi di pensione e redditi da lavoro.

Inoltre, per chi ha completato un anno di contributi prima dei 19 anni, una valida alternativa è la quota 41 per i precoci, accessibile a invalidi al 74%, disoccupati che hanno terminato la Naspi da almeno 3 mesi, caregiver che assistono un familiare convivente e invalido grave da non meno di 6 mesi, o addetti a una delle 15 attività di lavoro gravoso.

Con la quota 41, la pensione sarebbe ancora calcolata con il sistema misto, senza limiti di importo. E senza il divieto di cumulo con i redditi da lavoro per chi intende continuare o riprendere a lavorare.