Quando si parla di pensioni gli importi interessano quasi quanto i requisiti per poter andare in pensione. E se c’è una cosa che appare molto chiara a tutti è che spesso gli importi delle pensioni sono piuttosto bassi. Infatti sono più le pensioni al di sotto o vicine alla soglia della povertà che quelle più alte. Eppure l’INPS ha strumenti che consentono ad un pensionato di arrivare a percepire una pensione più alta. Spesso si sente parlare di maggiorazione sociale, ma uno strumento altrettanto importante per incrementare il valore di una prestazione previdenziale è la cosiddetta integrazione al trattamento minimo.

In pratica l’INPS ha una misura che consente ad un pensionato di percepire un assegno più alto semplicemente perché viene fissata una soglia di importo della pensione al di sotto della quale non si dovrebbe scendere. Ma l’integrazione al trattamento minimo non è una misura che riguarda tutti i pensionati. Anzi, solo alcuni pensionati ne hanno diritto perché altri, pur percependo una pensione piuttosto bassa, sono esclusi per via di una normativa restrittiva.

“Buonasera, volevo capire perché la mia pensione non viene integrata al trattamento minimo nonostante sono già due volte che ho fatto richiesta. Sono andato in pensione nel 2021 dopo aver versato 22 anni di contributi nella gestione commercianti ed artigiani dell’INPS. Con versamenti in regola dal 1999 al 2021 perché a me viene negato questo vantaggio?”

Le differenze tra contributivo e retributivo, le cose che tutti sanno

Molto importante è la data a partire dalla quale una carriera lavorativa è iniziata. Spesso si parla di sistema retributivo e sistema contributivo. E lo si fa soprattutto per due aspetti. Il primo è relativo al calcolo del trattamento che naturalmente è differente in base al periodo entro cui sono stati versati i contributi. Per quelli i cui versamenti sono antecedenti il 1996, si utilizza il calcolo retributivo.

Per quelli successivi il contributivo. A meno che non ci siano già 18 anni di versamenti al 31 dicembre 1995. In quel caso il calcolo retributivo arriva al 31 dicembre 2011. Ma la differenza tra retributivo e contributivo riguarda anche i requisiti di accesso alle pensioni. Per esempio chi ha iniziato a lavorare prima del 1996 potrà accedere alla pensione di vecchiaia al compimento dei 67 anni di età e dei 20 anni di contributi. Per chi invece ha iniziato dopo il 1995, oltre ai 67 anni di età ed ai 20 anni di versamenti, bisogna raggiungere una pensione di importo quanto meno pari ad 1,5 volte l’assegno sociale. Sempre per chi ha iniziato a lavorare dopo il 1995 perciò, ogni contributo versato prima dei 18 anni vale 1,5 volte. Vantaggi e svantaggi quindi, basati come abbiamo visto sulla data di inizio della carriera.

Cosa prevede la Legge n° 335 del 1995 sul trattamento minimo INPS

Le differenze prima citate sono quelle classiche, conosciute da tutti e largamente oggetto di diversi approfondimenti. Ma ci sono altre sfaccettature dei due sistemi e delle differenze tra i due sistemi, che un lavoratore o un pensionato dovrebbero conoscere. Perché così si può dare una risposta precisa anche al nostro lettore. Perfino Repubblica recentemente ha trattato l’argomento facendo riferimento alla Legge n° 335 del 1995 che di fatto ha abrogato una normativa che sarebbe stata utile al nostro lettore per godere dell’integrazione al trattamento minimo.

Importi del trattamento, ecco cosa conoscere della normativa in vigore sulla pensione

La legge prima citata di fatto ha cancellato l’integrazione al trattamento minimo per i cosiddetti contributivi puri o per chi ha optato per il calcolo della pensione con il sistema contributivo. In termini pratici con quella legge lo Stato ha deciso che l’integrazione al trattamento minimo INPS si applicava solo ed esclusivamente alle pensioni che ricadono nel sistema retributivo o al più nel sistema misto.

Nulla da fare quindi per il nostro lettore che avendo evidentemente una pensione contributiva, perché ha iniziato a lavorare dopo il 1995, non ha diritto all’integrazione.

Niente integrazione dal trattamento minimo per la pensione contributiva

La mancata applicazione del trattamento minimo INPS per i pensionati contributivi rispetto ai misti o ai retributivi è evidente. Ed è un’altra differenza tra i due sistemi che spesso però i lavoratori non conoscono. Ma i lavoratori hanno delle possibilità che spesso loro stessi trascurano. Opportunità che consentono di migrare in un sistema più vantaggioso, vuoi come importo del trattamento e vuoi come requisiti di accesso alle pensioni. Per esempio, il riscatto di un anno di servizio militare può essere vantaggioso per rientrare nel sistema misto e godere di una pensione più alta.

Alcuni consigli utili

Ma il riscatto del servizio militare a volte può essere controproducente. Basti pensare a chi potrebbe avere diritto alla pensione anticipata contributiva, con 64 anni di età, 20 anni di contributi e un assegno di importo pari ad almeno 2,8 volte l’assegno sociale. In questo caso l’anno del servizio militare può escludere, se antecedente il 1996, il lavoratore dal vantaggio della pensione anticipata contributiva. Per contro, chi rischia di non poter andare in pensione di vecchiaia perché a 67 anni di età con 20 anni di contributi non raggiunge una pensione di almeno 1,5 volte l’assegno sociale, grazie al servizio militare può diventare un retributivo. Ed accedere alla quiescenza senza tenere in considerazione il limite di importo dell’assegno.