Tra i casi oggettivamente più comuni di contenzioso tra datore di lavoro e lavoratori dipendenti ci sono sia le retribuzioni (stipendi) non pagate sia il Trattamento di Fine Rapporto (TFR) non versato. Ed è così che spesso datore di lavoro e lavoratore finiscono davanti al giudice. Soprattutto oggi, con la grave crisi economica del Paese, aziende che chiudono o che falliscono sono all’ordine del giorno. E sono diverse anche quelle aziende che prima pagavano puntualmente i loro dipendenti e che adesso cominciano a zoppicare diventando insolventi di colpo.

A prescindere dalla motivazione per cui un datore di lavoro omette di versare a un suo dipendente ciò che a lui tocca per diritto, la legge italiana ha strumenti a tutela del dipendente. Perché il diritto a essere retribuito per la prestazione di lavoro svolta e il diritto a ricevere la buonuscita al termine del rapporto di lavoro sono entrambi sacrosanti.

“Gentile redazione, oggi volevo porvi un quesito abbastanza particolare che riguarda la mia situazione lavorativa con il mio datore di lavoro. Sono alle sue dipendenze da oltre 10 anni e, devo essere sincero, ha sempre avuto cura dei suoi lavoratori e ha sempre pagato tutto ciò che ci spettava. Adesso però, da quattro mesi, la situazione non è più quella di prima perché è andato in crisi. A tal punto che avanzo quattro mesi di stipendio. Credo che alla fine del mese mi dimetterò. E se decido così, il TFR e gli stipendi arretrati me li paga l’INPS giusto? Mi spiegate come funziona il tutto? Grazie per la vostra sicura risposta, ne ho bisogno.”

Come recuperare stipendi e TFR dall’INPS quando il datore di lavoro non paga

Sulle problematiche inerenti datori di lavoro insolventi dal punto di vista delle retribuzioni di un dipendente i quesiti che ci arrivano sono sempre tanti. C’è chi ci chiede del TFR non pagato dal proprio datore di lavoro.

E c’è chi , come nell’esempio di sopra, ci chiede come recuperare gli ultimi stipendi non pagati. Ma c’è anche chi ci chiede se licenziandosi per insolvenza del datore di lavoro può prendere comunque la Naspi. Oggi ci concentriamo sul fattore dello stipendio e del TFR che un datore di lavoro non paga al suo dipendente.

Come dicevamo casi come questi sono assai diffusi, soprattutto oggi con la grave crisi economica a cui molte aziende hanno dovuto far fronte. Il problema nasce sia nel momento in cui un’azienda italiana diventa insolvente o cessa di esistere, e sia se prosegue l’attività ma non paga i dipendenti. In ogni caso, se il datore di lavoro fallisce, o meno, l’INPS si sostituisce a lui per gli arretrati di stipendio e per il Trattamento di Fine Rapporto. Perché si tratta di emolumenti che spettano ai dipendenti di questo datore di lavoro a prescindere da tutto.

Il Fondo di Garanzia INPS, come funziona, chi lo finanzia e cosa sapere

Naturalmente non basta che il datore di lavoro non paghi lo stipendio per far sì che l’INPS si sostituisca a lui. Infatti deve essere il lavoratore dipendente che non ha percepito ciò che gli spettava a chiedere all’INPS il pagamento di questi emolumenti. Va ricordato che si chiama Fondo di Garanzia INPS quello a cui i lavoratori di aziende insolventi devono rivolgersi nel momento in cui non ricevono stipendi e TFR. L’INPS però liquida agli interessati al massimo le ultime quattro mensilità di stipendio e il TFR. Chi ha più mensilità da recuperare quindi non potrà ottenere tutto ciò che gli spettava, nemmeno tramite il Fondo di Garanzia INPS. Inoltre il TRF come le ultime mensilità di stipendio, non sono emolumenti che si possono chiedere in eterno, perché come vedremo, sono assoggettati a una scadenza (c.d. prescrizione, ndr).

La domanda di accesso al Fondo di Garanzia INPS per stipendi non pagati

Il lavoratore dipendente quindi deve presentare domanda all’INPS. Serve l’istanza di accesso al Fondo di Garanzia quando ci si trova nelle circostanze di cui accennavamo sopra. Il Fondo di Garanzia INPS riguarda quindi i crediti del lavoro tra datore di lavoro e lavoratori dipendente ed è nato nel 1982. Si tratta di uno strumento di salvaguardia per il lavoratore dipendente. Il Fondo è finanziato dal trattenute mensili sulle buste paga dei lavoratori e quindi finanziato dal datore. La misura esatta con cui lo strumento ottiene le dotazioni che poi servono nei casi di richiesta di un lavoratore, è pari allo 0,20% della retribuzione imponibile utile ai fini previdenziali e assicurativi.

La differenza tra aziende in procedure fallimentari e aziende ancora attive a tutti gli effetti

Se il datore di lavoro o l’azienda per cui il diretto interessato al Fondo di Garanzia presta servizio, ha in atto delle procedure fallimentari o di crisi, il lavoratore dipendente nell’istanza l’INPS per ottenere ciò che gli spetta deve dimostrare diverse cose. Infatti il diritto a ottenere dall’INPS ciò che non è stato ottenuto dal datore di lavoro parte dalla cessazione del rapporto di lavoro. Se il dipendente è ancora a libro paga del datore di lavoro, anche se non riceve nulla, non può accedere al Fondo. Il lavoratore deve avere le prove delle cose che pretende, e cioè le prove dello stato di insolvenza del datore di lavoro. Tutto questo al fine di inserirsi nel cosiddetto stato passivo del datore di lavoro. In termini pratici, il dipendente deve chiedere di essere inserito insieme a tutti gli altri soggetti (Agenzia delle Entrate, fornitori e così via), nell’elenco dei creditori di un datore di lavoro in fallimento.

Prima provare a pignorare i beni del datore di lavoro per soddisfare gli stipendi arretrati

Se il datore di lavoro non è soggetto passibile di procedure concorsuali o di fallimento bisognerà dimostrare di aver provato a passare prima dalle procedure di pignoramento dei beni del datore di lavoro ma senza riuscirci.

Perché l’accesso al Fondo, se il datore di lavoro non è fallito, passa da procedure preventive come quelle del pignoramento. Infine va sottolineato che sia il TFR che le ultime 4 buste paga, possono essere recuperate sono entro 5 anni dalla data effettiva di cessazione del rapporto di lavoro. Perché la prescrizione di questi crediti da lavoro è di 5 anni. A meno che il credito non derivi da sentenze di un tribunale. In questo caso i crediti derivanti dalle pronunce, si prescrivono in 10 anni.