In seguito alla nuova riforma delle pensioni l’uscita dal mondo del lavoro potrebbe dipendere dall’importo. Come canta Gianluca Grignani con il brano Liberi di sognare: “Ci sono quelli che non sono come te, ma tu non te ne sei mai accorto prima. Ma sono quelli che non sanno mai perché, ma san sognare fino a domattina”. Per accedere alla pensione è necessario possedere determinati requisiti anagrafici e contributivi.

Proprio per questo motivo tale trattamento è considerato da molti una vera e propria utopia.

Una sorta di sogno ad occhi aperti che non si sa quando si tramuterà in realtà. Lo sa bene il governo che è al lavoro per studiare le misure necessarie ad attuare la nuova riforma delle pensioni grazie alla quale allontanare lo spettro della Legge Fornero.

Pensioni 2025: arriva Quota 41 light con il metodo contributivo?

Diverse le ipotesi in ballo, come ad esempio quota 41 che permetterebbe di uscire anticipatamente dal mondo del lavoro, a prescindere dall’età anagrafica. Il tutto a patto di avere almeno 41 anni di contributi. Una misura che se dovesse entrare in vigore peserebbe sulle casse dello Stato, soltanto nel 2025, ben 4 miliardi di euro. Una cifra elevata che potrebbe distogliere l’esecutivo dalla decisione di rendere operativa tale quota così come concepita. Per ovviare a tale problematica potrebbe, però, decidere di optare per una soluzione finanziariamente fattibile. Ovvero una versione light che prevede il calcolo dell’assegno utilizzando solamente un sistema interamente contributivo. In base a quest’ultimo, come si evince anche dal sito dell’Inps:

“Ai fini del calcolo occorre:

  • individuare la retribuzione annua dei lavoratori dipendenti o i redditi conseguiti dai lavoratori autonomi o parasubordinati;

  • calcolare i contributi di ogni anno sulla base dell’aliquota di computo (33% per i dipendenti. Quella vigente anno per anno per gli autonomi come da circolare 29 gennaio 2016, n. 15 e per gli iscritti alla Gestione Separata che varia anche a seconda della situazione del contribuente come da circolare 29 gennaio 2016, n. 13);

  • determinare il montante individuale che si ottiene sommando i contributi di ciascun anno opportunamente rivalutati sulla base del tasso annuo di capitalizzazione derivante dalla variazione media quinquennale del PIL (Prodotto Interno Lordo) determinata dall’ISTAT;

  • applicare al montante contributivo il coefficiente di trasformazione, che varia in funzione dell’età del lavoratore, al momento della pensione”.

Con la nuova riforma pensioni l’uscita dipende dall’importo: chi ha l’assegno più alto smette di lavorare prima

Quota 41 con il sistema contributivo si rivelerebbe una misura finanziariamente sostenibile dallo Stato, ma poco vantaggiosa per molti contribuenti.

Questo perché, utilizzando tale metodo, l’importo dell’assegno pensionistico verrebbe determinato tenendo conto dei contributi versati e non degli ultimi stipendi così come avviene con il metodo retributivo. Il risultato finale potrebbe essere un assegno pensionistico particolarmente basso, a causa di una possibile riduzione che potrebbe oscillare dal 15% fino al 30%. Non tutti i lavoratori, pertanto, potrebbero ritenere conveniente tale misura.

Soltanto chi potrà permettersi la penalizzazione quota 41 senza dover fare i conti con un assegno particolarmente basso potrebbe invece optare per tale soluzione. A conti fatti, quindi, chi ha l’assegno più alto potrebbe smettere di lavorare prima. Al momento comunque, è bene sottolineare, sono solo ipotesi. Non è dato sapere se il governo introdurrà effettivamente Quota 41 oppure no. Attendiamo comunicazioni ufficiali in merito per sapere quali misure troveranno attuazione a partire dal 2025 e i requisiti richiesti per accedere al trattamento pensionistico.