Tra le numerose agevolazioni previste per chi convive con una disabilità, la Legge 104 concede la possibilità di beneficiare delle stesse anche a coloro che si occupano, a tempo più o meno pieno, del disabile.

La normativa, infatti, prevede la fruizione dei benefici tanto al soggetto che detiene una percentuale di invalidità accertata da apposita commissione medica Inps, tanto ai cosiddetti caregiver, ossia familiari che si fanno carico delle incombenze alle quali il disabile non può provvedere in modo autonomo. In questo senso, è chiaro che il requisito della convivenza rappresenti un quid aggiuntivo al momento dell’istanza per la concessione dei benefici.

Tuttavia, non sempre è strettamente necessario che il beneficiario delle agevolazioni, specie quelle lavorative, risieda fisicamente e legalmente con il titolare della 104. Del resto, già di per sé, l’ottenimento di un permesso retribuito dal lavoro prevede che il caregiver svolga un’attività che, in modo regolare, lo porta a star lontano da casa.

In sostanza, al momento di richiedere un permesso, non è obbligatorio (sempre secondo la 104) che il lavoratore faccia ritorno al suo indirizzo di residenza. L’assistenza al disabile, sia esso un genitore o un altro parente, può essere prestata anche presso altro domicilio, a patto che questo venga specificato al momento della richiesta. Discorso diverso per il congedo dal lavoro, beneficio che presume un periodo di assenza molto più lungo (anche due anni, consecutivi o non) e, per questo, un’assistenza domiciliare continua e presumibilmente relativa a una disabilità grave. In questo caso, peraltro, farà fede una normativa diversa, quella disciplinata dalla Legge 151/2001.

Congedo e convivenza: come conciliare i due aspetti in base alla 104 (e alla 151)

Secondo quanto stabilito dalla Legge 151, il caregiver può assentarsi dal lavoro per un periodo non superiore ai due anni nell’arco della propria vita lavorativa. Questo significa che il dipendente potrà beneficiare dell’assenza retribuita sia in forma continuata che a più riprese, senza comunque eccedere i ventiquattro mesi.

La prestazione è ottenibile presentando un’apposita domanda e, chiaramente, la documentazione necessaria che attesti l’effettiva presenza della disabilità del soggetto da assistere. Il congedo sarà concesso con decorrenza immediata dall’inoltro della domanda (previa chiaramente accettazione). Le condizioni basilari sono essenzialmente tre: la natura di lavoratore dipendente, il possesso di una 104 da parte del familiare da assistere (art. 3, comma 3) e, da ultimo, la convivenza con il disabile.

Perché la convivenza è obbligatoria

La natura del congedo retribuito è differente rispetto a quella di un semplice permesso. Una breve assenza dal lavoro, pur subordinata allo svolgimento delle mansioni di assistenza al disabile che hanno portato a richiederlo, possono prescindere da una residenza comune. Un congedo per assistenza a una 104, come detto, prevede invece un supporto continuato, tale da sopperire all’impossibilità oggettiva, per il disabile di provvedere da sé al proprio sostentamento.

Questo significa che il richiedente dovrà avere la stessa residenza dell’assistito. L’unica eccezione riguarda i genitori che assistono un figlio disabile o, in alternativa, la residenza presso il medesimo indirizzo ma in un interno differente. A patto che l’appartamento si trovi nello stesso stabile. L’alternativa concessa è la richiesta di una dimora temporanea per un massimo di dodici mesi ma solo per chi risiede in altri Comuni.

Riassumendo…

  • secondo quanto stabilito dalla Legge 151, l’assistenza continuata a un disabile con 104 prevede la richiesta di un congedo non superiore a due anni;
  • la richiesta è subordinata al requisito della convivenza. Richiedente e invalido dovranno possedere la medesima residenza anagrafica;
  • l’unica eccezione riguarda la dimora temporanea, richiedibile però da persone residenti in diverso Comune.