I vari bonus edilizi, compreso il bonus 75, per i quali fino a poco tempo fa era ammessa la possibilità di sconto in fattura e cessione del credito, hanno permesso ai contribuenti di ristrutturare le proprie abitazioni a spese dello Stato. Tuttavia, il Governo Meloni poi ha messo fine alle due opzioni confermando solo la detrazione in dichiarazione dei redditi quale modalità per usufruire del beneficio fiscale. I casi rispetto ai quali è ammesso ancora lo sconto in fattura sono ridotti al lumicino.

Soprattutto dopo l’intervento del DL 212/2023, c.d. decreto “Salva superbonus” che ha messo mano anche al bonus 75%. Tale agevolazione, nel corso del 2023 è stata quella più richiesta, posto che ammetteva ancora allo sconto in fattura. Tuttavia, c’è sempre un altro lato della medaglia.

In questo caso è rappresentato dai costi di gestione pratica bonus 75 che le imprese che eseguono i lavori fanno ricadere sul contribuente. Costi che portano ad una pesante riduzione del vantaggio fiscale.

Da qui, in redazione di Investire Oggi sono arrivati nel corso del tempo diversi quesiti in merito. La domanda che ci è stata fatta è la seguente: è giusto pagare la spese per la gestione della pratica bonus 75?

Vediamo tutto quello che c’è da sapere, posto che l’argomento è ancora di massima attualità perchè il DL 212 ha previsto alcune casistiche in cui si applica la vecchia norma sul bonus 75, dunque: con possibilità di sconto in fattura e lista lavori agevolata allargata (compresa la sostituzione degli infissi).

Il bonus 75

Prima di entrare nello specifico della questione, è utile riprendere le peculiarità che caratterizzano il bonus 75 ante DL “Salva superbonus”. Ma il discorso sullo sconto in fattura e sulla cessione del credito può esser esteso anche rispetto alla nuova versione dell’agevolazione. Così come modificata dallo stesso decreto che ammette ancora le due opzioni in casi specifici. Ma riduce ampiamente la lista lavori ammessi all’agevolazione.

Innanzitutto, sono ammessi al bonus 75 i seguenti lavori (versione ante DL 212):

  • sostituzione di finiture (pavimenti, porte, infissi esterni, terminali degli impianti);
  • il rifacimento o l’adeguamento di impianti tecnologici (servizi igienici, impianti elettrici, citofonici, impianti di ascensori);
  • il rifacimento di scale e ascensori;
  • l’inserimento di rampe interne ed esterne agli edifici e di servoscala o di piattaforme elevatrici (Circolare 24.02.1998 n. 57, paragrafo 3.4).

L’agevolazione spetta solo se i lavori effettuati rispettano le caratteristiche tecniche previste dal decreto ministeriale 14 giugno 1989, n. 235.

I limiti di spesa

A seconda dell’immobile oggetto dei lavori ci sono dei limiti di spesa. Ciò significa che il 75% può essere calcolato su una spesa max ben individuata dall’art.119-ter del DL 34/2020.

Cosicché, i limiti di spesa sono i seguenti:

  • 50.000 euro per gli edifici unifamiliari o per le unità immobiliari situate all’interno di edifici plurifamiliari che siano funzionalmente indipendenti e dispongano di uno o più accessi autonomi dall’esterno;
  • 40.000 euro moltiplicati per il numero delle unità immobiliari che compongono l’edificio per gli edifici composti da 2 a 8 unità immobiliari;
  • 30.000 euro moltiplicati per il numero delle unità immobiliari che compongono l’edificio per gli edifici composti da più di 8 unità immobiliari.

Le indicazioni fin qui riporta7e, lista lavori allargata, sconto in fattura, limiti di spesa, si applicano ancora a quei lavori rispetto ai quali alla data del 29 dicembre 2023: risulti presentata la richiesta del titolo abilitativo, ove necessario; se non è prevista la presentazione di un titolo abilitativo, è richiesto che siano già iniziati i lavori; nel caso in cui i lavori non siano ancora iniziati, sia già stato stipulato un accordo vincolante tra le parti per la fornitura dei beni e dei servizi oggetto dei lavori e sia stato versato un acconto sul prezzo.

Nel secondo caso, edilizia libera, servirà la dichiarazione sostitutiva di inizio lavori bonus 75.

Costo gestione pratica bonus 75. Così di riduce lo sconto (è giusto pagare?)

Veniamo alla questione costi di gestione pratica bonus 75.

Molte volte le imprese che eseguono i lavori addebitano al contribuente dei costi aggiuntivi che vanno a ridurre e di molto i vantaggi legati allo sconto in fattura. Si pensi alle spese che l’impresa sostiene per aver applicato lo sconto. Questo sconto che poi per l’impresa si traduce in un credito d’imposta può essere utilizzato per pagare imposte e contributi che la stessa deve allo Stato o può essere oggetto di cessione ad esempio alle banche. Ma le banche come si sa non fanno nulla senza ottenere una remunerazione.

Ecco perchè se l’impresa cede il credito alla banca deve mettere in conto di pagare una commissione. Commissione che va a ridurre il valore del credito. Nel senso che la cessione alla banca sarà effettuata ad un prezzo più basso di quello che è il valore nominale del credito. Tale differenziale, che altro non è che un onere finanziario, può essere ribaltato dall’impresa al contribuente.

Se i costi per le asseverazioni  possono essere ammessi allo sconto in fattura, la stessa cosa non può dirsi per i costi di gestione pratica bonus 75. Tra i quali rientra il citato onere finanziario. Ecco perché, come da distinta fattura per tale tipo di costi, lo sconto in favore del contribuente andrà a ridursi e anche di molto. Posto che in alcuni casi, tali costi hanno un’incidenza anche del 25%.

Tutto dipende dagli accordi presi con l’impresa committente. Se nel contratto è stato inserito il riaddebito di tali costi al committente, questo sarà tenuto a pagare.

Riassumendo…

  • In alcuni casi è ancora ammesso lo sconto in fattura bonus 75%;
  • molte volte le imprese addebitano costi di gestione pratica bonus 75 che riducono di molto i vantaggi legati allo sconto;
  • se nel contratto è inserito il riaddebito di tali costi al committente, è necessario pagare.