Chi agisce in regime forfetario come noto applica, sul reddito dell’attività, l’aliquota d’imposta sostitutiva del 15%, oppure del 5% per i primi 5 anni, nel caso di avvio di nuova attività purché siano rispettate congiuntamente le condizioni di cui al comma 65 della Legge n. 190 del 2014. Nel dettaglio, al tal fine è indispensabile che: a) il contribuente non abbia esercitato, nei tre anni precedenti l’inizio dell’attività, altra attività artistica, professionale ovvero d’impresa, anche in forma associata o familiare; b) l’attività da esercitare non costituisca, in nessun modo, mera prosecuzione di altra attività precedentemente svolta sotto forma di lavoro dipendente o autonomo, escluso il caso in cui l’attività precedentemente svolta consista nel periodo di pratica obbligatoria ai fini dell’esercizio di arti o professioni; c) qualora venga proseguita un’attività svolta in precedenza da altro soggetto, l’ammontare dei relativi ricavi e compensi, realizzati nel periodo d’imposta precedente quello di riconoscimento del predetto beneficio, non sia superiore al limite di 65.000 euro previsto dal comma 54 della stessa Legge n.

190 del 2014.

Il dubbio

Con riferimento alla condizione di cui al punto a), dunque, ad esempio, non potrà applicare il forfetario un contribuente che vuole avviare un’attività nel 2020 ma che nel 2018 era già titolare di una ditta individuale cessata nel 2019. Ma cosa succede nel caso in cui un contribuente dovesse semplicemente trasformare la sua attività da lavoro autonomo in impresa oppure viceversa? Si pensi ad un contribuente che ha avviato attività di lavoro autonomo nel 2019 in regime forfetario e che avendone i requisiti ha diritto all’aliquota del 5%. Questi, tuttavia, ora nel 2020, mantenendo attiva la propria partita IVA, trasforma la sua attività da autonomo ad impresa (modificando, dunque, solo il codice ATECO). Potrà, continuare a godere dell’aliquota ridotta al 5% oppure devono intendersi non più rispettate le condizioni di cui al punto a) e b) del comma 65 Legge 190 del 2014?

Nessun chiarimento da parte delle Entrate

L’Amministrazione finanziaria non ha chiarito in nessuna occasione tale aspetto, lasciando spazio a diverse interpretazioni.

L’Agenzia delle Entrare, infatti, in merito alla condizione di cui al punto a) si è limitata a chiarire che laddove la norma richiama il precedente triennio quale limite di riferimento per l’avvio di una precedente iniziativa economica, intende riferirsi al triennio calcolato secondo il calendario gregoriano, e non al periodo d’imposta né all’anno solare (pertanto, un contribuente che intenda avviare una nuova attività a maggio 2020 potrà beneficare delle agevolazioni in parola qualora abbia concluso la precedente attività entro aprile del 2017. La preclusione in argomento, in ogni caso, non opera qualora i redditi percepiti dal contribuente nel triennio siano riconducibili ad un contratto di associazione in partecipazione con apporto di solo lavoro, né in caso di partecipazione ad una società inattiva. Con riferimento alla condizione di cui al punto b) è indispensabile valutare se la nuova attività si rivolge alla medesima clientela e necessita delle stesse competenze lavorative (Circolare n. 10/E del 2016).