La Naspi è l’indennità per disoccupati che l’INPS concede a chi perde involontariamente il proprio posto di lavoro. Il fattore principale quindi di questo strumento che è il principale l’ammortizzatore sociale presente in Italia è la perdita involontaria del posto di lavoro. Infatti nel momento in cui un lavoratore perde la propria occupazione a seguito di dimissioni volontarie la Naspi non viene erogata.

Oggi però affrontiamo il discorso di questo ammortizzatore sociale da un altro punto di vista. Parliamo infatti di decadenza dal beneficio.

Ci sono infatti dei disoccupati che perdono il diritto alla Naspi per via di un mancato adempimento obbligatorio che l’INPS richiede.

“Buongiorno, sono Matteo e mi hanno preannunciato dall’INPS la sospensione della mia Naspi. Non ho capito bene la motivazione dal momento che mi trovo con 15 mesi di Naspi spettante ancora da completare. Infatti della Naspi assegnatami ho percepito soltanto la mensilità di novembre e dicembre. Mi dicono che avrei dovuto comunicare dei redditi e non ho capito cosa dal momento che ho perso il lavoro e non ho nessun reddito né dal punto di vista lavorativo e né dal punto di vista patrimoniale. Mi spiegate cosa succede?”

Ecco chi rischia di perdere la Naspi dopo pochi mesi se non adempie a un obbligo preciso

La mancata comunicazione da parte del beneficiario della Naspi di eventuali redditi da lavoro anche autonomo, può portare alla grave conseguenza della decadenza dell’indennità di disoccupazione. E, oltre alle circolari INPS e alle comunicazioni dell’Istituto, su questo argomento va registrata anche una recente ordinanza della Corte di Cassazione, esattamente la n° 846 del 2024.

Al riguardo della eventuale attività lavorativa autonoma del beneficiario della Naspi, a prescindere che tale attività risulti essere già in corso al momento della domanda di Naspi o sopraggiunta successivamente, l’INPS e gli ermellini della Cassazione finiscono con il dire praticamente la stessa cosa.

La mancata comunicazione di questi redditi può causare la decadenza dalla Naspi.

La Partita Iva obbliga a un adempimento specifico

La Partita Iva, a prescindere che sia utilizzata per l’attività da cui deriva, obbliga il beneficiario della Naspi alla comunicazione. Nello specifico della recente ordinanza della Cassazione, tutto parte dalla revoca della Naspi a un disoccupato. Si trattava di un soggetto che prendeva la Naspi e svolgeva un’attività di lavoro autonomo. Il Dlgs n° 22 del 2015 è preciso da questo punto di vista.

Infatti, prevede espressamente che in caso di svolgimento di una attività di lavoro autonomo, il titolare dell’ammortizzatore sociale deve comunicare i redditi presunti provenienti da tale attività. Lo prevede l’articolo n° 10 comma 1 del decreto prima citato. E anche se il reddito è pari a zero perché l’attività lavorativa non è espletata.

In parole povere, anche con una Partita Iva aperta molti anni fa e ormai non più usata, la comunicazione deve essere lo stesso prodotta. Fino a quando un disoccupato ha questa Partita Iva aperta, l’obbligo di comunicare i redditi, anche se pari a zero, è fondamentale per continuare a percepire la Naspi per tutta la sua durata.

Incorrere nella decadenza dalla Naspi non è difficile per molti disoccupati

Probabilmente il caso del nostro lettore è proprio questo. Potrebbe avere una Partita Iva a suo nome per cui deve adempiere all’obbligo prima citato. Tornando alla sentenza della Cassazione, l’obbligo va espletato anche se l’attività da lavoro autonomo e quindi la Partita Iva risultava già aperta alla data di presentazione della domanda di Naspi all’INPS.

L’obbligo di comunicare il reddito annuo previsto va espletato sempre entro 30 giorni dalla domanda di Naspi. Oppure entro 30 giorni dall’avvio del nuovo lavoro, sia autonomo che dipendente. Questo vale per chi trova nuovo lavoro mentre percepisce la Naspi, per chi lo aveva già prima di presentare la domanda e per chi ha una Partita Iva aperta.