Epatite C e lavoro: Buonasera dottoressa, mi chiamo S. e ho 22 anni. Le scrivo perché ho letto un suo  articolo inerente all’invalidita per chi è affetto da epatite. Poiché sto svolgendo un lavoro di tesi sul virus, mi chiedevo se chi è affetto dal virus puó svolgere qualsiasi tipo di lavoro. Ovvero, questa patologia impedisce ai soggetti affetti di svolgere determinati lavori? Grazie mille

Epatite C e lavoro

L’epatite C è una malattia infettiva che si trasmette tramite contatto diretto con sangue infetto.

Il virus, può causare importanti malattie al fegato (cirrosi e cancro). La prevenzione d’incubazione del virus dell’epatite C varia dai 15 ai 150 giorni.

Non esiste la possibilità di vaccinarsi contro l’epatite C, la prevenzione riguarda l’istruzione dei malati e la riduzione dei fattori di rischio. Chi è affetto dal virus dell’epatite C, dovrebbe apportare alcune precauzioni: eventuali ferite, non condividere rasoi, forbicine o spazzolini da denti e informare della propria malattia i familiari e gli operatori sanitari che possono entrare in contatto con il suo sangue.

Non ci sono limitazioni specifiche nel campo lavorativo, ma bisogna rispettare alcune regole precise.

Virus epatite C in ambiente ospedaliero

L’INCA CGIL Nazionale, ha redatto delle linee guida sugli  Aspetti medico legali delle infezioni ospedaliere.

Le linee guida, indicano:

l’idoneità lavorativa degli operatori esposti a rischio di contrarre malattie infettive (rischio biologico) è indirizzata a tutelare sia i lavoratori che gli utenti.

Sono moltissime le eventualità in cui si può contrarre un’infezione in ambiente ospedaliero senza che avvenga una emotrasfusione. Questi casi, peraltro molto frequenti, non rientrano nella tutela prevista dalla legge 210. La letteratura descrive un altissimo numero di infezioni dette nosocomiali, cioè contratte in ambiente ospedaliero per la massiccia presenza in esso di agenti patogeni aggressivi e resistenti alla farmacoterapia.

Le infezioni da virus dell’epatite e HIV possono essere trasmesse ai lavoratori della sanità (ma anche di altre categorie, come gli addetti alla Nettezza Urbana) e ai pazienti.

Per questi ultimi il contagio può verificarsi non solo a seguito di trasfusioni di sangue, ma anche in occasione di ogni intervento cruento (interventi odontoiatrici, manovre endoscopiche, cateterismi, interventi chirurgici, ecc. ecc.). In questi casi si pongono problemi che vanno affrontati diversamente a seconda dell’ambito giuridico interessato.

Per il lavoratore, oltre a quanto previsto dalla legge 210, la malattia può causare limitazione dell’idoneità al lavoro e può configurarsi come conseguenza di infortunio sul lavoro assicurato, ai sensi del testo unico 112 del 1965; per le categorie per cui è previsto questo istituto, inoltre, la malattia può essere riconosciuta come dipendente da causa di servizio. Per il comune cittadino che dovesse subire un’infezione iatrogena, invece, può esserci la possibilità di ottenere il risarcimento del danno secondo le norme del codice civile.

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