Il reddito di cittadinanza di cittadinanza è stato un flop clamoroso. A confermarlo sono i dati sull’aumento della povertà assoluta in Italia divulgati dall’Istat tempo fa. E ora anche le previsioni di Eurostat sull’aumento del tasso di rischio.
Costato la bellezza di 23 miliardi di euro in tre anni, il reddito di cittadinanza è stato uno strumento fallimentare sotto ogni punto di vista. Non ha debellato la povertà che è cresciuta al 9,4% della popolazione raggiungendo i massimi storici per la prima volta.
Il flop del reddito di cittadinanza
Non è infatti servito a trovare occupazione alle persone inattive e bisognose. Solo una persona su cinque, dopo quasi un anno di reddito di cittadinanza, ha trovato lavoro. E nemmeno tramite i Centri per l’Impiego, infarciti di inutili navigator per lo scopo.
Ma il fallimento principale riguarda il contrasto alla povertà. L’assegno del reddito di cittadinanza, checché se ne dica, è troppo basso per impedire, soprattutto adesso che l’inflazione è tornata a correre, la crescita della povertà in Italia. Meglio sarebbe stato dare maggiore impulso all’occupazione tramite incentivi e sgravi a chi assume.
Anche perché, dando uno sguardo alla cartina geografica, si può notare che i percettori di reddito di cittadinanza si concentrano in particolare nelle regioni dove di lavoro ce n’è poco. Cioè Campania e Sicilia. Diventando anche un incentivo per non cercarsi lavoro.
Il bilancio negativo e i dati Eurostat
C’è poi da considerare la spesa enorme che lo Stato sta sostenendo per mantenere i percettori di reddito di cittadinanza. Soldi che non sempre vanno a finire nelle tasche giuste e che costringono la Guardia di Finanza e l’Inps a controlli straordinari di ogni tipo per scovare i furbetti.
In tutto finora sono stati spesi ben23 miliardi di euro per mantenere oltre 3 milioni di persone per un “esperimento” che non ha prodotto alcun risultato positivo per la collettività.
Soldi buttati, si può dire, perché secondo i dati Eurostat, la percentuale delle persone che hanno un reddito inferiore al 60% di quello medio disponibile, è salito dal 20% del 2020 al 20,1% del 2021, per 11,84 milioni di persone coinvolte.
Percentuale che sale al 25,2% (14,83 milioni) se si considerano anche le persone a rischio di esclusione sociale. Ovvero quelle che sono a rischio di povertà o non possono permettersi una serie di beni materiali o attività sociali e vivono in famiglie a bassa intensità lavorativa.