Prosegue il recupero dei rendimenti dei fondi pensione nel primo semestre 2023. Grazie alla ripresa dei mercati azionari mondiali la maggior parte delle linee di investimento agganciate alla previdenza complementare sono tornate a battere il Tfr. Anche se il paragone nel breve lacia il tempo che trova. Sul lungo periodo, però, il Tfr è comunque in vantaggio non avendo accusato il tonfo dei fondi avvenuto nel 2022.

Più precisamente, secondo i dati elaborati dalla Covip, i fondi negoziali hanno chiuso il semestre con rendimenti in aumento del 3,2%.

Mentre gli aperti hanno messo a segno un +4,6% fino a giugno 2023. I Pip sono saliti, invece, del 4,8%. A confronto, il Tfr ha reso solo lo 0,8% nell’arco temporale di riferimento. In leggera crescita anche il numero degli iscritti che tocca a fine giugno quota 10,5 milioni, mentre il patrimonio complessivo dei fondi pensione sale a 214 miliardi di euro.

Fondi pensione: primo semestre con rendimenti in rialzo del 3,2%

Torna quindi l’ottimismo fra i lavoratori che stanno destinando quote del proprio Tfr ai fondi pensione. Ma le perdite dello scorso anno saranno dure da dimenticare. Nel dettaglio, la Covip sottolinea che la parte del leone l’hanno fatta i comparti azionari registrando guadagni in media pari al 6% nei fondi negoziali. Più alti i guadagni negli aperti (+7,6%) e Pip (+7,2%). Per le linee bilanciate, invece, i rialzi sono rispettivamente del 3,4%, del 4,8% e del 3,7%. Restano contenuti i rendimenti dei fondi pensione obbligazionari e garantiti, che si fermano in media all’1-2%.

Sul lungo periodo (dieci anni), invece, i fondi negoziali azionari hanno guadagnato oltre il 5%, mentre le linee obbligazionarie si fermano al 2% per scendere al 1% sui monetari e addirittura a zero sui fondi obbligazionari garantiti. A confronto il Tfr ha reso il 2,3% dal 2013 a oggi. Si capisce quindi che la prudenza, che nel caso di pensioni integrative è quasi d’obbligo, non paga più di tanto.

Al punto che la scelta fro fondi pensione e Tfr in azienda è ancora oggi argomento di costante dibattito fra gli esperti.

Iscritti in aumento ma restano dubbi sulla previdenza complementare

Detto questo, i dati dei primi sei mesi non devono trarre in inganno. Il recupero dei mercati azionari ha reso possibile un ritorno di fiamma dei rendimenti dei fondi pensione, ma non bisogna dimenticare che lo scorso anno le perdite sono state da record con oltre il 10% di patrimonio che si è volatilizzato in pochi mesi con lo scoppio dell’inflazione.

Secondo gli esperti, quindi, ci vorranno molti anni per tornare ai livelli precedenti il crollo dello scorso autunno quando in Gran Bretagna la Banca d’Inghilterra è intervenuta per salvare il settore. Con ripercussioni che si sono fatte sentire anche in Italia. Ragion per cui il governo intende incentivare ulteriormente con agevolazioni fiscali l’adesione ai fondi pensione. Molti giovani lavoratori, infatti, nell’incertezza del lavoro, preferiscono tenere i soldi nel Tfr.

Di fatto, sul lungo periodo, la rivalutazione del Tfr lasciato in azienda ha reso di più. Il trattamento di fine rapporto, infatti, si rivaluta sempre del 1,50% più 0,75% del taso di inflazione senza subire cali. Nel 2022, quando c’è stato il crollo dei fondi pensione, il trattamento di fine rapporto è cresciuto del 8,3%, contro una perdita media del 10% dei gestori. Un gap difficile da recuperare nel tempo.

Riassumendo…

  • Tornano a salire i rendimenti dei fondi pensione nei primi sei mesi del 2023.
  • I rendimenti sono saliti in media del 3,2% contro lo 0,8% del Tfr.
  • Salgono a 1°,5 milioni gli iscritti e il patrimonio si attesta a 214 miliardi di euro.
  • Sul lungo periodo, però, il Tfr resta la scelta conservativa migliore e meno rischiosa.