I contributi sono uno dei requisiti fondamentali per avere diritto alla pensione. Costituiscono la base assicurativa per ottenere una rendita quando non saremo più in grado di lavorare e quindi un valido sostegno economico per poter tirare avanti. In tutti i sistemai pensionistici, non solo quello italiano, la base contributiva è quindi fondamentale, sia per il diritto che per la misura della futura rendita.

Si tratta di soldi che obbligatoriamente ogni lavoratore deve versare all’Inps o alla cassa pensionistica di appartenenza fintanto che lavora.

Detti versamenti si possono fare anche volontariamente o a seguito di riscatto (come per la laurea) per coprire eventuali periodi non coperti da assicurazione IVS. Ovviamente più contributi si versano, maggiore sarà la pensione in futuro, anche se non siamo noi a decidere l’ammontare.

Quanto valgono i contributi per la pensione

Ora la domanda che si pone è quanto valgono i contributi per la pensione. Nel nostro sistema previdenziale possiamo tranquillamente affermare che oggi valgono più che in passato. Il sistema di calcolo della rendita si basa oggi essenzialmente su quanto un lavoratore ha versato nel rispettivo fondo di appartenenza. Quindi i contributi è come se finissero in un libretto di risparmio che si rivaluta col tempo.

In passato, invece, nel sistema di calcolo retributivo, ciò contava meno perché la pensione era calcolata in base alla media degli ultimi cinque anni di retribuzione percepita. Quindi a prescindere dai contributi versati. E da qui si è creato il buco previdenziale e il debito pubblico che tutti conosciamo.

Più precisamente i contributi per la pensione sommati nel tempo costituiscono il montante contributivo sul quale verrà poi calcolato l’importo dell’assegno. A tal fine bisognerà raggiungere anche l’età pensionabile, oggi fissata a 67 anni di età per uomini e donne. La così detta pensione di vecchiaia sarà quindi liquidata sulla base di quanto accumulato in termini di versamenti contributivi a quell’età.

Tenuto conto che serve un minimo di anzianità pari a 20 anni di contributi.

Contributi e pensioni anticipate

Che i contributi pensione siano molto importati lo si capisce anche guardando alle possibilità di uscita anticipata dal lavoro. Cioè prima dei 67 anni di età. A tal fine il nostro ordinamento consente, con sempre più restrizioni, di andare in pensione prima del tempo avendo alle spalle un montante contributivo ben superiore alla soglia dei 20 anni prevista per le uscite ordinarie. Quindi i contributi contano e parecchio in questi casi.

Per andare in pensione anticipata, ad esempio, servono almeno 42 anni e 10 mesi (41 e 10 mesi per le donne) di contributi a prescindere dall’età anagrafica. 41 anni di versamenti senza vincoli di età occorrono anche per coloro che possono uscire come precoci e hanno almeno 12 mesi di versamenti alle spalle prima di aver compiuto il 19 esimo anno di età. Stessa soglia occorre per uscire con Quota 103, anche se qui il legislatore ha posto come vincolo una età anagrafica minima di 62 anni.

Le deroghe

Ci sono poi altre deroghe che consentono di ottenere la pensione anticipata a patto che si abbiano alle spalle molti contributi pensione. Come nel caso di Opzione Donna dove servono tassativamente almeno 35 anni di versamenti prima di valutare l’uscita anticipata a 60 anni. Ma anche Ape Sociale che, come anticipo pensionistico riservato a determinate categorie di lavoratori, richiede il possesso di almeno 30 anni di anzianità contributiva.

Riassumendo…

  • I contributi previdenziali sono un requisito indispensabile per andare in pensione.
  • Contano soprattutto per le uscite anticipate per le quali è richiesta una soglia elevata.
  • Con oltre 41 anni di contributi si può andare in pensione a prescindere dall’età anagrafica.