L’integrazione della pensione è considerata come una strada sempre più necessaria per aumentare l’importo della rendita in vecchiaia. E quando si parla di questo aspetto la mente va subito a considerare le soluzioni proposte dai fondi pensione. Ma questo riguarda solo i lavoratori, cioè coloro che ancora non hanno cessato l’attività. Per quanto concerne i pensionati, invece?

Non tutte le pensioni rispecchiano fedelmente l’importo spettante. Deve sempre essere cura del beneficiario verificare che i conti dell’Inps siano giusti.

Ma anche controllare se per caso non spetta qualche prestazione aggiuntiva come strumento di integrazione alla pensione base. Nessuno verrà mai a dirvi cosa fare, tanto meno l’Inps che liquida le prestazioni previdenziali solo su richiesta specifica dell’assicurato. Cosa c’è da sapere quindi?

L’integrazione della pensione Inps, cosa c’è da sapere

Ebbene, l’integrazione della pensione è possibile in tre casi per una persona che già percepisce la rendita. Il più conosciuto è quello dell’integrazione al trattamento minimo, cioè quella soglia minima considerata vitale per legge e che ogni anno è adeguata all’inflazione. Per il 2024 è di 598,61 euro. Cioè per coloro che percepiscono una pensione più bassa, è possibile richiedere all’Inps l’integrazione al minimo a condizione che siano rispettate determinate soglie di reddito. Il diritto a questa prestazione non spetta a chi ricade nel sistema contributivo.

Altra possibilità di aumentare la pensione è quella prevista con la “integrazione al milione”. Spetta a partire da 70 anni e in condizioni reddituali limitate. Viene calcolata sulla differenza tra il trattamento minimo di cui sopra e l’importo della pensione, dell’assegno o del trattamento in questione. L’importo massimo dell’integrazione della pensione è pari al trattamento minimo maggiorato di 136,44 euro (circa 735 euro per il 2024).

L’integrazione al milione è erogata automaticamente dall’Inps, senza bisogno di presentare domanda, per gli  invalidi civili totali (compresi ciechi e sordi) e per i titolari di pensione di inabilità che già percepiscono l’indennità di accompagnamento.

Per tutti gli altri casi, è necessario presentare domanda all’Inps.

L’assegno sociale

Altra strada di integrazione della pensione è quella che riguarda l’assegno sociale. Normalmente questa prestazione di natura assistenziale non è cumulabile con la pensione, vi sono però alcuni casi che fanno eccezione. Si parla in questo senso di compatibilità e integrazione dell’importo di spettanza del beneficiario.

Più precisamente, fino al 1995 quando esisteva la pensione sociale era possibile il cumulo con la pensione ordinaria, ma oggi non è più permesso. A meno che non si sforino al ribasso alcuni limiti di reddito. In questo senso, se la pensione è bassa, l’assegno sociale funge da integratore della stessa fino al limite di 6.947,33 euro all’anno (importo aggiornato al 2024). Ovviamente se la pensione fosse superiore a tale soglia, l’assegno sociale non sarebbe riconosciuto.

Ricapitolando, quindi, si ha diritto a entrambe le prestazioni che non sono cumulabili fra loro, ma solo integrabili fino alla soglia limite di cui sopra. Vige, in questo senso, il principio del riconoscimento del trattamento migliore.

Ricordiamo che l’assegno sociale può essere richiesto a partire dai 67 anni di età  in presenza dei seguenti requisiti indispensabili:

  • Stato di bisogno economico;
  • Cittadinanza italiana e situazioni equiparate;
  • Residenza effettiva in Italia;
  • Reddito personale non superiore a 6.947,33 euro all’anno (13.894,66 euro se si tratta di persona coniugata).

Riassumendo…

  • Esistono tre strade per incrementare la pensione quando è troppo bassa.
  • Come funziona l’integrazione al trattamento minimo e l’incremento al milione.
  • Integrazione della pensione con l’assegno sociale per importi bassi.