Se qualcuno ha riversato tutte le sue speranze di pensionamento nella futura riforma delle pensioni, probabilmente non è tra coloro che possono usufruire di una misura particolare che permette di anticipare l’uscita dal lavoro di molti anni. Questa misura consente di andare in pensione fino al 2026, permettendo a certi lavoratori di ritirarsi a 60 anni e 4 mesi, oppure con 35 anni e 10 mesi di contributi, senza limiti di età.

Per questi soggetti, è evidente che la riforma delle pensioni può anche aspettare. In risposta a chi ci chiede se abbiamo notizie sulle future misure pensionistiche, invitiamo a leggere questo articolo per capire se rientrano in questa misura agevolata, che potrebbe risolvere il morale di molti, considerato che una vera riforma delle pensioni potrebbe richiedere ancora molto tempo.

In pensione a 60 anni e 4 mesi o con 35 anni e 10 mesi di contributi, la riforma delle pensioni non serve

Ci sono lavoratori del settore privato che possono andare in pensione ben 7 anni prima dei requisiti ordinari. Può farlo sfruttando una misura chiamata Isapertura. Questa misura, nata per concedere la pensione a chi arrivava a 4 anni dalla quiescenza ordinaria, sia per vecchiaia che per anticipata, è stata confermata fino al 2026, permettendo di anticipare l’uscita dal lavoro di ben 7 anni.

Poiché riguardano i lavoratori che si trovano a tale distanza sia dalla pensione di vecchiaia che da quella anticipata, il vantaggio è notevole, consentendo di andare in pensione a 60 anni e 4 mesi, oppure con 35 anni e 10 mesi di contributi. Tuttavia, non tutti i lavoratori possono godere di questo trattamento. Ecco quindi chi può sfruttare questo canale che rientra nelle procedure di incentivo all’esodo di alcune aziende.

Chi sono i beneficiari dello scivolo pensionistico a 60 anni e 4 mesi?

Solo i lavoratori dipendenti del settore privato possono sfruttare questo autentico scivolo. E solo se in organico presso aziende con almeno 15 dipendenti a libro paga.

In attesa della maturazione della pensione, questi lavoratori possono sfruttare una sorta di prepensionamento, completamente a carico dell’azienda che finanzia i versamenti all’INPS e copre anche la parte contributiva figurativa mancante.

Fu la riforma Fornero a introdurre questo strumento, che consente ai lavoratori più vicini alla pensione di andare in anticipo. Inoltre, permette alle aziende di ridurre l’organico senza ricorrere a licenziamenti classici. Come è evidente, non è una misura che un lavoratore può scegliere autonomamente, poiché serve un accordo tra azienda, sindacati e INPS.

La legge Fornero varò la misura che consentiva di anticipare l’uscita di 4 anni rispetto ai requisiti ordinari. Fu la legge di Stabilità del 2018, la legge 205 del 2017, a estendere il vantaggio fino a 7 anni. Quella manovra di bilancio ha confermato la possibilità fino al 2026. Dopo aver spiegato l’intesa necessaria per portare a termine questa procedura, vediamo quali condizioni devono essere rispettate per completare il tutto.

Accordo tra aziende, INPS e sindacati

L’intesa tra le parti sociali, l’INPS e le aziende deve essere sottoscritta e finalizzata alla gestione degli esuberi. I sindacati, in rappresentanza dei lavoratori, sottoscrivono l’accordo, ma poi è il lavoratore che deve accettare l’uscita, se rientra nei requisiti.

Chi si chiede perché l’azienda dovrebbe avviare un’operazione completamente a suo carico, ha ragione. Ci sono aziende interessate a ridurre l’organico che trovano più conveniente prepensionare a proprie spese i lavoratori più anziani, piuttosto che affrontare i costi dei licenziamenti tradizionali.

Inoltre, alcune aziende potrebbero aver puntato a una procedura di licenziamenti collettivi in ​​base alla legge 223 del 1991. La normativa dell’Isapertura non prevede vincoli da questo punto di vista, quindi lo strumento può essere utilizzato anche in questi casi.

In pensione 7 anni prima, ecco perché è ancora possibile per qualche lavoratore

Nell’intesa tra parti sociali e datori di lavoro deve essere messo nero su bianco che ci sia una eccedenza di personale, indicando il numero esatto dei lavoratori interessati dall’esubero e la data entro cui l’esodo incentivato deve terminare.

Il datore di lavoro si farà carico della copertura finanziaria dell’intera operazione.

L’INPS erogherà al lavoratore un assegno di prepensionamento fino al raggiungimento dell’età pensionabile di vecchiaia, ma sarà l’azienda a fornire i fondi all’INPS. Il datore di lavoro verserà anche il contributo figurativo per tutti i mesi o anni di anticipo.

Per il lavoratore, l’importo dell’Isopensione sarà pari alla pensione maturata al momento dell’uscita, al netto dei contributi figurativi che l’azienda verserà durante gli anni dell’anticipo. Alla scadenza dell’Isopensione, quando il lavoratore arriverà a 67 anni, il trattamento pensionistico vero e proprio verrà calcolato con l’aggiunta di questi contributi.