Per il dopo Quota 103 si torna a parlare di pensione in due tranches. Un progetto già ipotizzato dall’Inps lo scorso anno e poi abbandonato, ma che, a conti fatti, produrrebbe ottimi risparmi di spesa. Più che con l’introduzione di Quota 41 interamente contributiva come vorrebbe la Lega e anche una buona parte delle organizzazioni sindacali.

Nel tentativo di evitare il ritorno integrale alle regole Fornero e, allo stesso tempo, di non togliere del tutto la possibilità ai lavoratori di andare in pensione anticipata dopo tanti anni di lavoro, si potrebbe concedere la pensione in due tranches.

Una prima parte già a 63 anni, mentre il resto arriverebbe al compimento dei 67 anni di età, così come previsto dalla normativa vigente per le uscite di vecchiaia.

La pensione flessibile in due tranches

Ma vediamo bene come potrebbe funzionare la proposta sulla pensione in due tranches già avanzata dall’Inps. Secondo la massima istituzione in materia di previdenza, l’uscita anticipata potrebbe essere concessa già a 63 anni di età, ma solo per quanto riguarda la parte contributiva maturata. Cioè a valere su quella parte di versamenti effettuati dopo il 1995.

Il resto della pensione sarebbe liquidato al raggiungimento dell’età di vecchiaia (oggi a 67 anni) per la parte retributiva restante, cioè per i versamenti effettuati prima del 1996. Questi contributi danno origine a una pensione notoriamente più vantaggiosa, ma allo stesso tempo più onerosa per lo Stato.

In buona sostanza la pensione mista, quella finora pagata con le regole attuali, non sarebbe liquidata in una unica soluzione, ma in due periodi diversi concedendo, però, al lavoratore la possibilità di godere di parte della pensione già a partire da 63 anni di età. Nel frattempo il lavoratore potrebbe continuare a lavorare, a differenza di quanto avviene oggi uscendo con Quota 103.

In questo modo montano le probabilità sulla possibilità di mantenere valido il requisito anagrafico a 63 anni per quando terminerà Quota 103 senza penalizzazioni di calcolo, ma con flessibilità in uscita.

L’impianto così studiato e simulato dall’Inps sarebbe sostenibile finanziariamente, ma produrrebbe delle penalizzazioni temporali.

In pratica si manterrebbe aperta la strada dell’anticipo della pensione, ma solo per la parte contributiva dei versamenti, circa due terzi per un lavoratore con 40 di esperienza. In altre parole il sistema di calcolo della pensione mista verrebbe sdoppiato e liquidato separatamente. Così lo Stato risparmierebbe, perché dal sistema duale scaturirebbe una penalizzazione per il pensionato che accetta di andare in pensione prima.

In pensione due volte a 63 e poi 67 anni

Ma veniamo ai vantaggi e agli svantaggi della pensione flessibile in due tranches. Premesso che oggi la maggior parte dei lavoratori percepisce una rendita liquidata per circa due terzi nel sistema contributivo e un terzo in quello contributivo, è bene analizzare i conti. In sintesi, percepire una prima parte di pensione a 63 anni e poi il resto a 67 anni implica delle perdite sostanziali.

A 63 anni sarebbe infatti applicato al montante contributivo un coefficiente di trasformazione più basso che a 67. Senza entrare nei dettagli, si tratta di circa il 13% di differenza che si ripercuoterebbe sull’importo della pensione finale. O meglio, sulla parte più ponderante della rendita. Non poco. A 67 anni, poi, arriverebbe il resto della pensione, calcolata sulla parte retributiva rimanente. I due importi si sommerebbero, ma con differenze sostanziali.

Riassumendo…

  • Torna in auge il progetto della pensione in due tranches dal 2025
  • La pensione flessibile consisterebbe in una parte di rendita a 63 anni e il resto al raggiungimento della vecchiaia.
  • Lavoratori avvantaggiati dall’uscita anticipata ma penalizzati dal calcolo dell’assegno.