In attesa del tavolo tecnico tra governo e sindacati sul sistema pensionistico (si cerca un accordo entro il mese di aprile del nuovo anno), con quota 102 in vigore per tutto il 2022, il premier Draghi sembra orientato ad una Opzione per tutti che prevedrebbe un ricalcolo contributivo.

Insomma un meccanismo molto simile a quello di Opzione donna e che nel lungo termine non porterebbe elevati costi nelle casse statali.

La cosa però non è già ben vista dai sindacati, su tutti la CGIL.

Opzione pensioni per tutti inaccettabile

Con la fine di Quota 100 al 31 dicembre 2021, a gennaio 2022 e per tutto l’anno, entra in gioco Quota 102, ossia la possibilità di andare in pensione con 38 anni di contributi e 64 anni di età.

Il rischio era un ritorno alla Fornero e, quindi, un innalzamento dell’età pensionabile di 5 anni rispetto a Quota 100 (ossia da 62 anni a 67 anni). Per adesso la questione è scongiurata grazie alla soluzione provvisoria di Quota 102 che avrà vita breve (un solo anno).

Governo e parti sociali sono, pertanto, chiamati a trovare una soluzione quanto prima anche per dare certezza agli italiani su quando e come potranno andare in pensione.

A CGIL non piace l’Opzione per tutti che Draghi vorrebbe mettere sul tavolo e non piace perché chi ci guadagna è solo lo Stato mentre è sempre il cittadino a dover fare i conti con “meno soldi” (anche se è vero che questi andrebbe prima in pensione). La proposta del premier, infatti, porterebbe ad una perdita sull’assegno pensionistico (secondo una simulazione fatta dal sindacato stesso) che può variare tra il 20% ed il 35% e ciò dall’accesso alla pensione fino al compimento dell’82° anno di vita.

In termini monetari questo significa una perdita che può variare tra i 20.000 e i 130.000 euro.

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