Ci sono casi in cui le normative italiane vengono applicate in modo troppo severo, generando contenziosi tra cittadini e autorità. Spesso, questi contenziosi finiscono in tribunale e, non di rado, a vincere è il cittadino. Le “incomprensioni” tra chi deve applicare una norma e il cittadino che deve rispettarla nascono spesso da interpretazioni errate. Questi errori possono essere a carico sia del cittadino sia delle autorità. Oggi parliamo di un caso di interpretazione troppo rigida di una normativa relativa alle pensioni.

Sebbene possa sembrare che l’INPS abbia commesso un errore, alla fine non c’è un vero errore, ma solo una troppa fermezza nel sanzionare un pensionato.

Lettera di un pensionato

“Buonasera, sono un ex pensionato di quota 100. Ex pensionato perché ho commesso l’errore degli errori. Nel 2022 ho ripreso a lavorare. Non ho capito che tornando a lavorare avrei perso la pensione. Se ne sono accorti subito. Un mese di lavoro in cui ho incassato 1.300 euro di stipendio mi è costato caro. Oltre a perdere la pensione, ho dovuto restituire tutte le pensioni percepite nel 2022, da gennaio a giugno (poi a luglio l’INPS mi ha sospeso la pensione). con alcuni articoli in cui si cita il fatto che l’INPS non poteva pretendere la restituzione delle somme indebite perché sproporzionate rispetto a ciò che ho incassato come lavoro extra Secondo voi, devo chiedere all’INPS di restituirmi i soldi, questa volta loro a me e non viceversa? Non ho capito se c’è la possibilità di fare qualcosa Grazie.”

L’INPS ha sbagliato, ai pensionati adesso i soldi vanno restituiti e spesso cifre grosse

Che l’Italia abbia regole piuttosto rigide non è una novità. Anche dal punto di vista previdenziale, le regole in Italia sono spesso molto rigide. In alcuni casi, queste regole impediscono a un lavoratore di andare in pensione presto come meriterebbe.

In altri casi, si arriva addirittura a dover restituire all’INPS la pensione già percepita. Una punizione molto severa e spesso sproporzionata rispetto all’infrazione commessa dal lavoratore.

Uno dei casi più eclatanti è quello del divieto di cumulo dei redditi da lavoro con i redditi da pensione. È proprio ciò che è successo al nostro lettore. Per lui, l’INPS ha imposto la sospensione della quota 100 con annessa richiesta di restituzione delle rate di pensione percepite nello stesso anno in cui è tornato a lavorare.

Le regole parlano chiaro: è vietato a chi è andato in pensione con quota 100, quota 102 o quota 103, continuare a lavorare o tornare a lavorare. L’unica eccezione è il lavoro autonomo occasionale fino a 5.000 euro di reddito annuo. I pensionati che disattendono il vincolo, tornando in attività, subiscono sanzioni. Questo vincolo scade al compimento dei 67 anni di età del pensionato.

Nessuna novità normativa, ma il precedente resta

La regola resta valida, quindi l’INPS non sbaglia ad applicarla. Ciò che chiede il lettore ha però un suo perché. Sostiene che potrebbe chiedere all’INPS la restituzione di quanto l’Istituto ha richiesto indietro. Il riferimento è alla nota storia del pensionato che ha perso la quota 100 dopo aver ottenuto un compenso inferiore a 80 euro come comparsa in un film.

In quel caso, l’INPS è stata sconfitta in Tribunale (Giudice del lavoro di Vicenza, ndr), poiché i giudici hanno ritenuto sproporzionata la sanzione della restituzione delle somme di pensione rispetto all’utile ottenuta come comparsa cinematografica. Il ricavo del ruolo da comparsa è a tutti gli effetti un lavoro e, come racconto, si scontra con il divieto di cumulo prima citato.

L’INPS ha applicato la legge, ma la corte ha ritenuto esorbitante la punizione inflitta al pensionato. Tuttavia, questo è un caso a sé stante. Anche se una sentenza crea un precedente a cui altri pensionati possono fare riferimento, la normativa non è cambiata.

Soldi indietro al pensionato: ecco quando è possibile, ma non perché l’INPS ha sbagliato

Non è vero che ora un pensionato di quota 100, quota 102 o quota 103 possa lavorare utilizzando formule diverse dal lavoro autonomo occasionale. Il vincolo rimane inalterato, così come la sanzione della sospensione della pensione. Un contribuente che è stato punito in questo modo potrebbe collegare un suo nuovo ricorso a quello del pensionato che ha fatto la comparsa, per vedere se il Tribunale darà lo stesso esito.

Va considerato che il caso da cui partono le eventuali velleità di farsi giustizia dei pensionati riguarda una cifra davvero irrisoria. Il nostro lettore ha ricavato da un’attività di lavoro dipendente una cifra sicuramente maggiore rispetto a quella ritenuta irrisoria dai giudici del Tribunale del lavoro di Vicenza. Ribadiamo, è un errore credere che l’INPS abbia sbagliato ad applicare la normativa. Tuttavia, è altrettanto vero che non è sbagliato pensare che ci sia sproporzione tra l’infrazione e la punizione conseguente.