Il Canone RAI è un argomento che suscita sempre discussioni e polemiche, soprattutto quando si parla della sua applicazione su dispositivi aziendali come smart TV, tablet e, potenzialmente, smartphone. Recentemente, diverse aziende hanno ricevuto comunicazioni dalla RAI che richiedevano il pagamento del canone per il possesso di tali dispositivi, suscitando reazioni indignate tra i contribuenti.

Secondo la normativa vigente, qualsiasi dispositivo in grado di ricevere segnali radiotelevisivi è soggetto al pagamento del Canone RAI. Questo include non solo le tradizionali televisioni, ma anche smart TV, tablet e smartphone, se utilizzati per scopi aziendali o personali.

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La contestazione alle aziende

Il canone RAI speciale (ossia quello che pagano le partite IVA) ammonta a circa 346 euro annui, una cifra significativa per molte aziende, specialmente quelle che non utilizzano questi dispositivi per guardare la televisione. L’importo del canone RAI speciale, ad ogni modo, può variare a seconda del settore di appartenenza.

Numerose società operanti in settori come l’edilizia, l’informatica, il commercio e la distribuzione hanno denunciato di aver ricevuto lettere di contestazione dalla RAI. Queste aziende sostengono che il tempo dedicato alla visione della TV, tanto meno quella di Stato, non rientra nelle loro attività quotidiane. La richiesta di pagamento del canone viene percepita come un’ulteriore tassa ingiusta e non correlata all’effettivo uso dei dispositivi. Anzi, in alcuni casi è richiesto il canone anche sul tablet aziendale, in quanto considerato come dispositivo atto alla visione dei programmi televisivi.

Come si apprende da qualche testimonianza, la RAI chiede il pagamento della tassa per evitare sanzioni.
Il riferimento al Regio Decreto del 1938 evidenzia l’anacronismo di alcune norme che regolano l’imposta radiotelevisiva. Sebbene la tecnologia e il modo di fruire dei contenuti multimediali siano cambiati radicalmente negli ultimi decenni, la legislazione non si è adeguata di pari passo. Questo crea situazioni paradossali in cui le aziende sono costrette a pagare per dispositivi che non utilizzano per guardare la TV.

Canone RAI, urge una riforma

La RAI giustificherebbe le proprie azioni sostenendo che il canone è una tassa obbligatoria per il possesso di dispositivi atti a ricevere segnali radiotelevisivi. L’ente radiotelevisivo pubblico sottolineerebbe l’importanza di finanziare i propri servizi e programmi, che rappresentano una risorsa per tutti i cittadini. Tuttavia, molti contribuenti ritengono che l’approccio della RAI sia troppo aggressivo e che non tenga conto delle reali esigenze e utilizzi dei dispositivi da parte delle aziende.

Le polemiche sollevate da questa situazione evidenziano la necessità di una riforma del sistema di riscossione del Canone RAI. Molti esperti suggeriscono che il metodo attuale non sia più adeguato ai tempi moderni. E che sia necessaria una revisione delle normative per renderle più eque e in linea con l’attuale utilizzo della tecnologia. Una possibile soluzione potrebbe essere quella di esentare le aziende che dimostrano di non utilizzare i dispositivi per guardare la TV. O di introdurre un sistema di tassazione più flessibile e proporzionato all’effettivo uso dei dispositivi.

Riassumendo…

  • il dibattito sul Canone RAI per dispositivi aziendali come tablet e smart TV mette in luce le problematiche di un sistema di tassazione obsoleto. E percepito come ingiusto da molti contribuenti
  • la normativa attuale, basata su un decreto del 1938, non riflette le realtà del mondo moderno. E necessita di una revisione per adattarsi meglio ai tempi odierni
  • fino a quando non verranno apportate modifiche significative, è probabile che le controversie tra la RAI e le aziende continueranno, alimentando un clima di insoddisfazione e polemica.