Il dipendente pubblico percepisce una rendita più alta di quello privato. Il calcolo della pensione avviene in base allo stipendio che mediamente per gli statali è più elevato che per i lavoratori dipendenti e autonomi del settore privato. Non tanto per via dei contratti di lavoro che spesso si equivalgono nella retribuzione, quanto a causa della instabilità del lavoro privato rispetto a quello pubblico.

E’ indiscutibile che il posto di lavoro nella pubblica amministrazione, al di là del livello retributivo, è più sicuro e quindi continuativo e stabile nel tempo.

Un dipendente comunale, piuttosto che un insegnante di ruolo nella scuola, arriveranno a fine carriera senza soluzione di discontinuità. Cosa che, al contrario, accade meno di frequente nel settore privato, quindi talvolta soggetto a interruzioni e cambiamenti del rapporto di lavoro.

Calcolo della pensione in base allo stipendio

Poiché gli oneri contributivi e i requisiti per andare in pensione sono uguali per tutti, quello che cambia, alla fine, è il montante contributivo che è maggiormente garantito nella fase di accumulo per gli statali piuttosto che per i lavoratori privati. Questo non significa che chi lavora nel settore privato sia penalizzato rispetto a coloro che servono lo Stato. Ma semplicemente che i soldi accumulati per la pensione possono risultare minori per i primi rispetto ai secondi in caso di crisi d’impresa.

I casi più comuni che riducono la base contributiva per il calcolo della pensione sono la Naspi, La cassa integrazione, il ricorso al part time. O i vuoti contributivi per mancanza di lavoro. Anche il lavoro autonomo è rischioso ai fini pensionistici. La copertura IVS in molti casi è affidata ai versamenti volontari o alla previdenza complementare durante i periodi di crisi.

Queste cose non succedono, invece, nel pubblico impiego, dove il rischio di perdere il posto di lavoro non c’è. O è minimo. Per cui la carriera è lineare, continua e progressiva.

E i versamenti contributivi sono costanti per i quali ne deriva, alla fine, una pensione a volte più alta, a parità di retribuzione, rispetto al lavoratore privato o autonomo.

Stipendi uguali, pensioni diverse

In sintesi, a parità di stipendio fra settore privato e del pubblico impiego, la pensione può risultare diversa. Nel senso che tendenzialmente è più alta per gli statali, ma solo per le ragioni che abbiamo illustrato sopra. Non c’è quindi da sorprendersi del divario esistente, ma è bene sapere che non si guadagna di più da una parte rispetto all’altra.

Anzi le retribuzioni nel settore privato del credito, delle assicurazioni o dei trasporti, a parità di qualifica (ammesso che si possa fare un paragone) sono più alte che nel pubblico impiego. Ma poi, alla fine, se subentrano crisi aziendali o licenziamenti, la pensione ne risente. Motivo per il quale tutti sono alla ricerca di un posto statale. Meglio ancora se nelle forze armate o nei vigili del fuoco.

Benché lo stipendio di un carabiniere o di un poliziotto appena immesso in ruolo non sia particolarmente entusiasmante, entrare a far parte delle forze armate o di pubblica sicurezza è sicuramente vantaggioso dal punto di vista pensionistico. I militari, vanno, infatti, in pensione al raggiungimento dell’età ordinamentale, a 60 anni per la maggior parte di essi.

La pensione di vecchiaia così concessa, grazie al fondo di perequazione riservato alla categoria, è equiparata a quella delle generalità dei lavoratori a 67 anni di età. Vi sono poi le maggiorazioni contributive a loro riservate e tutta una serie di vantaggi e privilegi che nel settore privato non esistono. E che fanno lievitare l’importo dell’assegno mensile.

Riassumendo…

  • Le pensioni pubbliche sono più alte di quelle private ma non vi è particolare differenza di retribuzione.
  • Il dipendente privato è sempre soggetto ai rischi d’impresa, lo statale no.
  • Il calcolo della pensione dipende dalla base contributiva, non dal posto di lavoro.