Duramente criticato, contestato e quindi anche modificato. Questa è stata la sorte del reddito di cittadinanza, nato con il decreto n° 4 del 2019, insieme alla quota 100 per le pensioni. Le critiche sono state mosse dai partiti di opposizione di allora, molti dei quali nel frattempo sono diventati maggioranza. Ed ecco che le critiche sono diventate provvedimenti correttivi della misura, a tal punto che è stata già segnata la sua data di cessazione il 31 dicembre 2023. Due sostanzialmente i fattori che poco sono piaciuti relativi alla misura.

E in entrambi i casi collegati al lavoro dei beneficiari del sostegno. E anche in questo caso adesso si corre ai ripari, con iniziative atte proprio a risolvere la problematica delle politiche attive sul lavoro.

“Buonasera, sono un beneficiario del reddito di cittadinanza. Sono un occupabile al lavoro come mio fratello, con cui convivo e con cui faccio parte dello steso nucleo familiare. Entrambi disoccupati, entrambi sotto i 60 anni di età, abbiamo percepito da oltre due anni questo sussidio. Non siamo approfittatori e quindi abbiamo risposto presente alle convocazioni del centro per l’impiego. Più che l’aiuto economico a noi interessava la ricollocazione lavorativa. Perché già da inizio Covid abbiamo perso il lavoro e non lo abbiamo più trovato. Adesso ci tolgono il sussidio ad agosto, ma ci chiediamo: perché non ci trovano un lavoro? Anche il nuovo Governo, che doveva risolvere questo problema, sembra non ci stia riuscendo. Voi cosa ne pensate?”

Lavoro per chi prende il reddito di cittadinanza, nuova iniziativa per 10.000 posti

Effettivamente due le grandi critiche mosse al reddito di cittadinanza fin da quanto fu varato dall’allora Governo giallo-verde di Giuseppe Conte. Prima di tutto la pochezza delle politiche attive sul lavoro, mai partite nonostante assunzioni dei navigator nei centri per l’impiego. Politiche attive sul lavoro che non hanno mai funzionato, quindi.

E reddito di cittadinanza che è diventato di fatto solo un semplice sussidio. Una specie di disincentivo a lavorare, anche perché la struttura del sussidio pare proprio spingere a non lavorare. Il reddito da lavoro infatti finendo nell’ISEE incide, e non di poco, sull’importo del sussidio. Rendendo controproducente lavorare, anche per chi ne avrebbe voglia. Anche se a dire il vero, in questi anni, occasioni di trovare lavoro ce ne siano state ben poche.

Tutti i correttivi introdotti dal governo sul reddito di cittadinanza

E il Governo non ha potuto che correggere il tiro, modificando in parte la misura immediatamente dopo il loro insediamento. Prima di tutto scindendo la platea dei beneficiari del reddito di cittadinanza, sia attuali che futuri, in due aree. Da una parte, i soggetti a cui le politiche attive del lavoro non servono essendo fuori dal mercato del lavoro e fragili. Parliamo di soggetti e nuclei familiari con all’interno over 60, minori e invalidi. Dall’altra parte, la platea degli attivabili al lavoro, che sono tutti gli altri. Si tratta di soggetti tra 18 e 59 anni di età.

Oltre a prevedere la cessazione del reddito di cittadinanza a far data dal 31 dicembre 2023, altre novità sono state introdotte dal Governo. Per i fragili, sussidio regolare fino a fine anno e poi passaggio a una misura simile al RDC che si chiamerà assegno di inclusione. Invece per gli occupabili, sussidio di 7 mesi e per qualcuno in continuità di fruizione, stop già da luglio. Per gli occupabili che trovano un lavoro, fino a 3.000 euro di reddito lordo, incidenza pari a zero sul sussidio. Anche questa una novità importante. Perché di fatto sprona quanti trovano un lavoro, magari stagionale, ad accettare.

Il recente accordo con il Consorzio Elis

Ma sono altre le iniziative che il Governo ha preso, anche nell’indirizzo di risolvere una volta per tutte la questione dei posti di lavoro per chi è nel programma.

Il Ministro del Lavoro, Marina Elvira Calderone, ha confermato l’accordo trovato con il Consorzio Elis con l’avallo di ANPAL, cioè dell’Agenzia Nazionale Politiche Attive del Lavoro. Una intesa che adesso dovrebbe portare all’assunzione di 10.000 addetti in aziende che hanno aderito al “Distretto Italia”.

Tramite le politiche attive del lavoro si punta a inserire lavoratori in particolari settori. Naturalmente, prima formandoli. E dal momento che il progetto sottolinea come sia nel perimetro dei percettori di misure di sostegno al reddito, l’area da cui attingere addetti, ecco che rientrano anche i beneficiari del reddito di cittadinanza. Sul portale istituzionale del Ministero del Lavoro c’è l’annuncio di questa intesa, con tutte le informazioni necessarie.

Corsi di formazione, politiche attive e 10.000 posti di lavoro

Da via Veneto fanno sapere quindi che insieme ad ANPAL Servizi è stato firmato, da pochi giorni, un accordo con il Consorzio Elis per inserire nel mondo del lavoro persone a rischio di povertà ed emarginazione e soggetti che si avvalgono di misure di sostegno sociale. Il progetto di orientamento, formazione e avviamento al lavoro, conosciuto come Distretto Italia, già da aprile ha avviato corsi di formazione per diverse figure professionali. E adesso in molte delle 45 imprese italiane, si prevedono 10.000 immissioni.

I settori di interesse dell’iniziativa dovrebbero essere quelli delle telecomunicazioni, dell’energia, delle costruzioni e naturalmente della trasformazione digitale. I corsi avviati ad aprile, per programmatori informatici, addetti alla messa in posa della fibra e per impiantisti elettrici, hanno avuto una durata dalle 5 alle 20 settimane. E sono stati completamente gratuiti. Potrebbero anche avviarsi nuovi corsi della stessa natura e durata per altre figure. Per poi passare a vere e proprie assunzioni.

Le nuove misure sono orientate verso la ricollocazione lavorativa dei beneficiari

Rispondendo al nostro lettore quindi, nulla è perduto, almeno così sembra. Perché il Governo si muove nella direzione di rendere meno tremenda la chiusura del reddito di cittadinanza per chi si trova senza lavoro.

Occorre ricordare infatti che se per i fragili, dal reddito di cittadinanza si passerà all’assegno di inclusione, per gli occupabili ci dovrebbe essere subito il Supporto alla formazione e al lavoro. Una misura che ha nelle politiche attive del lavoro un fattore preponderante rispetto al semplice sussidio.