Uber e Deliveroo dovranno versare i contributi a molti rider. Come canta Anastasio: “Correre, tu devi correre. Non devi domandare né rispondere. Ti devi alimentare con le compere, scattare, commentare, scorrere. […] Correre, correre, circolare, qui non si può stare già da troppi anni, vorrei parlare con il titolare, voglio spiegazioni. Voglio lamentarmi, voglio i miei vent’anni, voglio delle scuse ed il rimborso danni”.

Parole che molti lavoratori potrebbero voler rivolgere ai propri datori di lavoro. Molte, infatti, sono le scadenze da rispettare e gli impegni da assolvere il più velocemente possibile.

Lo sanno bene i tanti rider che ogni giorno si ritrovano a correre da una parte all’altra della città per consegnare cibo e prodotti di vario genere ai clienti. Il tutto ricevendo retribuzioni spesso non in linea con l’impegno profuso. Proprio in tale ambito si annoverano i casi di Uber e Deliveroo che dovranno versare i contributi per migliaia di rider. Ecco cosa è successo.

Lavoro Uber e Deliveroo, società di food delivery devono versare i contributi ai rider

Due società di food delivery dovranno provvedere a versare all’Inps i contributi per migliaia di rider. È quanto stabilito dalla Sezione lavoro del Tribunale di Milano in riferimento a due distinte cause riguardanti Deliveroo Italy e Uber Eats Italy. Al centro dell’attenzione del giudice i verbali amministrativi notificati un paio di anni fa dall’Ispettorato del lavoro in merito alla necessità di regolarizzare la posizione di migliaia di rider e passare dallo status di lavoratori autonomi a coordinati continuativi e offrire le relative garanzie. In particolare il giudice ha stabilito che per i fattorini che hanno lavorato per Deliveroo nel periodo compreso da gennaio 2016 fino 31 ottobre 2020 venga applicata

la disciplina del lavoro subordinato” con conseguente obbligazione per contributi, interessi e sanzioni nei rapporti con l’Inps e per premi nei rapporti con l’Inail”. Il tutto tenendo conto dell’orario “effettivamente svolto dai collaboratori, da determinarsi dal Login fino al Logout dalla piattaforma per ogni singolo giorno lavorativo e con versamenti da effettuarsi nella Gestione Dipendenti, con le aliquote contributive per il lavoro subordinato, per quanto riguarda il debito nei confronti dell’Inps”.

Della stessa linea la sentenza che coinvolge diversi rider di Uber, inerente un arco temporale più ristretto, ovvero compreso da gennaio 2020 fino al 31 ottobre 2020.

L‘Istituto Nazionale della Previdenza Sociale calcolerà la quota di contributi che le aziende interessate dovranno provvedere a versare a favore dei rider. Sia Uber che Deliveroo, comunque, hanno reso noto di non condividere la sentenza e per questo starebbero valutando la possibilità di fare appello presso le sedi competenti. Non resta quindi che attendere e vedere come si evolverà la situazione e se e come verranno effettivamente versati i contributi. O si rischia di dove colmare in futuro vuoti contibutivi.

Come pretendere il versamento dei contributi

Un caso, quello dei rider, che accende i riflettori su un argomento spesso spinoso per molti lavoratori. Ovvero come pretendere il versamento dei contributi nel caso in cui i datori non abbiano adempiuto a tale dovere. A tal proposito è importante ricordare che i contributi non versati vanno in prescrizione dopo cinque anni. Ne consegue che se il lavoratore interessato sporge denuncia all’istituto di previdenza entro cinque anni, l’Inps effettua la verifica dei versamenti da parte del datore di lavoro. Se sono trascorsi più di cinque anni, invece, i contributi non versati si prescrivono.

In quest’ultimo caso è possibile proseguire con l’azione giudiziaria o la domanda di riscatto contributi omessi. Nel primo caso, il soggetto danneggiato cita in giudizio il datore per richiedere il risarcimento danni. Nel secondo caso, invece, si opta per il riscatto dei periodi di lavoro non coperti dai contributi, così come avviene ad esempio per gli anni universitari.