Essere licenziati dopo l’accesso alla pensione può sembrare una contraddizione in termini. Invece la normativa prevede questa possibilità nel comparto pubblico. Lo scenario riguarda gli ex dipendenti pubblici, ancor più quelli che prestano un servizio di pubblica utilità come sanitari e militari. Come intuitivo, non tutti i tipi di licenziamento sono ammessi per chi è già in pensione. La questione è stata aperta a Bari in un processo a carico di un ex primario di Oncologia oggi in pensione. Il licenziamento per giusta causa è giunto congiuntamente ad un provvedimento disciplinare per fatti gravi commessi in servizio ed è stato ammesso e riconosciuto valido anche se nel frattempo il medico si era ritirato.

Quando si parla di licenziamento per giusta causa

Per rendere più chiaro lo scenario è opportuno precisare che cosa si intende per licenziamento per giusta causa. Questa interruzione forzata del servizio scaturisce in seguito alla condotta del dipendente e ha effetto immediato (licenziamento in tronco).

Si differenza dal licenziamento per giustificato motivo soggettivo proprio perché, in questo secondo caso, l’inadempienza è considerata meno grave. Entrambe le fattispecie sono legate ad una condotta imputabile al dipendente, diversamente dal caso del licenziamento per giustificato motivo oggettivo che invece riguarda, appunto, una circostanza dimostrabile ed esterna.

Il licenziamento per giusta casa va a toccare una sfera delicata ecco perché prevede requisiti specifici, condizioni e paletti.

Sono richiesti:

  • affissione preventiva in luogo visibile, del codice di condotta disciplinare (articolo 7 Statuto dei Lavoratori);
  • contestazione del comportamento al dipendente seguita dalla concessione di almeno 5 giorni di tempo al dipendente per addurre giustificazioni;
  • partecipazione ad azione legale difensiva o al collegio di conciliazione e arbitrato;
  • eventuale accettazione delle giustificazioni o il licenziamento.

La normativa mira a tutelare i dipendenti. Perfino il licenziamento dopo tanti anni di lavoro è ammesso solo in alcune circostanze gravi. Ciò non toglie che può essere portato avanti anche il licenziamento dell’ex dipendente ormai in pensione.

Vediamo quanto e soprattutto quali sono gli effetti perché molti potrebbero essere portati a chiedersi che senso abbia licenziare una persona che non è più in servizio.

Il licenziamento può arrivare anche dopo la pensione

La questione è emersa a seguito del licenziamento dell’ex primario di Bari, condannato per peculato e concussione. Durante il processo è emerso che chiedeva soldi ai pazienti per effettuare visite, autorizzare ricoveri o velocizzare le procedure sanitarie ospedaliere. L’uomo, dopo l’arresto, aveva presentato domanda di pensione anticipata dando le dimissioni in sostanza. Ad oggi si trova ai domiciliari.

Nel caso del medico barese, la Cassazione ha chiarito che la Pubblica Amministrazione mantiene il diritto a procedere con il procedimento disciplinare anche se il dipendente pubblico licenziato era già in pensione. Il provvedimento di licenziamento inciderà sugli ultimi stipendi percepiti, sul tfr e anche sull’importo della pensione del medico. La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con sentenza n. 18944/2021 ha respinto il ricorso del medico pubblico che aveva impugnato il licenziamento per giusta causa.

Si legge nel dispositivo che, qualora il dipendente sia stato sospeso in via preventiva in attesa della definizione del procedimento penale a suo nome, al termine dello stesso l’amministrazione è tenuta a riattivare la procedura disciplinare nei confronti del lavoratore. L’interesse all’esercizio dell’azione disciplinare da parte della P.A. persiste, si chiarisce, anche nel caso in cui, nel frattempo, il dipendente sia andato in pensione.