Grazie a una novità appena introdotta dal governo per il 2024 ci saranno molti lavoratori che in passato hanno visto impossibile centrare la loro pensione di vecchiaia mentre adesso potranno tranquillamente rientrarvi. Infatti il governo Meloni con la sua legge di Bilancio ha corretto una misura che in passato ha, di fatto, bloccato la pensione di vecchiaia per molti lavoratori.

Chi ha già superato i 67 anni di età e fino al 2023 non ha potuto centrare la pensione di vecchiaia per via di un vincolo legato all’importo della pensione da andare a percepire, adesso potrà ovviare a questo problema.

Rientrando finalmente in pensione.

“Gentili esperti di Investire Oggi, volevo da parte vostra un consiglio sul da farsi per quanto riguarda la mia situazione. Ho 69 anni di età. E nonostante vent’anni di contributi esatti, mi sono trovata impossibilitata ad andare in pensione. Perché il mio assegno pensionistico era troppo basso. A tal punto che l’INPS non mi ha mai riconosciuto il diritto alla pensione. Purtroppo ho lavorato per diversi anni con stipendi talmente bassi da avere accumulato un montante contributivo troppo basso per garantirmi quella pensione minima che per noi contributivi lo Stato prevede. Secondo voi adesso conviene che ripresento la domanda per verificare se alla luce delle novità del governo qualcosa è effettivamente cambiato?”

Niente pensione di vecchiaia e niente assegno sociale? Nel 2024 cambia tutto, ecco perché

Purtroppo per i contributivi puri dall’avvento della legge Fornero la pensione di vecchiaia è diventata molto più difficile da centrare. Infatti per chi si trovava privo di contribuzione alla data del 31 dicembre 1995, la pensione di vecchiaia non si centrava con gli stessi requisiti previsti per chi rientrava nel sistema misto. Parliamo al passato perché qualcosa nel 2024 cambierà. E naturalmente, cambierà per i lavoratori la cui carriera è iniziata prima del 1996, che è l’anno dell’entrata in vigore del sistema contributivo.

Infatti oltre a cambiare le regole di calcolo delle pensioni, dal 1996 sono cambiate anche alcune regole per andarci in pensione. In pratica non solo i soggetti che avevano iniziato a lavorare e versare i contributi dopo il 1995, si sono trovati a fare i conti con una pensione calcolata con un sistema contributivo che è nettamente penalizzante rispetto al sistema retributivo. Questi soggetti hanno pagato anche un forte dazio dal punto di vista delle possibilità di andare in pensione con la quiescenza di vecchiaia ordinaria.

Molti over 67 potrebbero adesso andare in pensione

Per i contributivi puri la pensione di vecchiaia oltre ai 67 anni di età e ai 20 anni di contribuzione minima da versare, fino al 31 dicembre 2023 può essere percepita soltanto a fronte di un assegno che alla data di decorrenza del trattamento, raggiunge un importo superiore a 1,5 volte l’assegno sociale. Questo limite ha bloccato la pensione per molti lavoratori tra cui anche la nostra lettrice, come lei stesso sostiene.

Il governo Meloni però con la legge di bilancio di quest’anno che andrà in vigore dal primo gennaio 2024, elimina di fatto il vincolo. Stop al limite di 1,5 volte l’assegno sociale per la pensione di vecchiaia ai soggetti che rientrano interamente nel regime contributivo.

Questo significa che non solo chi compie 67 anni di età nel 2024 e ha iniziato a lavorare dopo il 1995 potrà andare in pensione con gli stessi requisiti di chi rientra nel sistema misto. Anche chi in passato non è riuscito a centrare la pensione, adesso rientra in gioco. Alla nostra lettrice quindi consigliamo di ripresentare la domanda. Anche con una pensione più bassa, potrebbe godere finalmente di ciò che ha maturato accumulando contributi.

L’assegno sociale come alternativa non sempre è fruibile

Anche se non lo dice nella sua lettera, la nostra lettrice probabilmente ha una condizione reddituale sua, o cumulata con il suo coniuge, che non gli ha consentito in questi anni di andare in pensione nemmeno sfruttando l’assegno sociale.

Infatti questa misura assistenziale dell’INPS è collegata a limiti di reddito singoli o cumulati con il coniuge, che tagliano fuori molte lavoratrici dalla misura stessa. Infatti per il 2023 i limiti da non superare sono pari a 6.542,51 ero annui per una persona sola. Oppure, 13.085,02 euro annui per una persona coniugata.

Per questo motivo la novità del governo potrebbe essere davvero una soluzione per molti lavoratori. Che, per via del vincolo sull’importo, non hanno percepito il trattamento previdenziale maturato dopo 20 anni di versamenti. E non hanno percepito nemmeno la prestazione assistenziale per via del reddito fuori dai parametri previsti dalla normativa in vigore.