Il contratto a tempo determinato finisce tra le novità che entro il 1° maggio il Consiglio dei Ministri dovrebbe varare con il decreto Lavoro. E per molti lavoratori molto cambierà. Come si legge per esempio sul quotidiano “Il Sole 24 Ore”, ci sarebbero oltre 3,5 milioni di lavoratori che oggi sono assunti con un contratto di lavoro precario. Perché, come vedremo in seguito, lavoro a tempo determinato si traduce in precariato. Di questi 3,5 milioni, sempre in base ai dati statistici, quasi 3 milioni sarebbero quelli assunti con contratti che per durata sono sotto i 12 mesi.

E le novità del decreto Lavoro, solo accennate, stanno già facendo discutere. E se si parla di contratti a tempo determinato, vista la vasta platea, non potevano che esserci dubbi e perplessità sulla sorte di questi lavoratori.

“Buonasera, sono un lavoratore precario. Sto lavorando con un contratto di 12 mesi che mi scadrà a settembre. Volevo capire cosa può fare l’azienda adesso che mi scade il contratto. Secondo me ha ancora bisogno di manodopera. Mi può rinnovare ancora il contratto con un altro a tempo determinato. Sento parlare di novità, causali e quant’altro. Mi spiegate come funziona la normativa al riguardo prima che scada il mio contratto?”

Cosa si intende per lavoro a tempo determinato

Prima di approfondire il quesito del lettore, meglio fare una sintesi su ciò che significa lavoro a tempo determinato. Come si legge testualmente sul sito del Ministero del Lavoro, ovvero su “lavoro.gov.it“, per lavoro a tempo determinato si fa riferimento ad un contratto di lavoro subordinato nel quale è prevista una durata predeterminata, mediante l’apposizione di un termine. È disciplinato dal Decreto Legislativo n° 81 del 15 giugno 2015, precisamente agli articoli che vanno dal n° 19 al n° 29. articoli 19-29). Ma sempre sul sito del Ministero si legge anche che tali tipologie di contratti di lavoro non possono che essere subordinate a determinate condizionalità.

E si tratta di condizioni che riguardano quasi tutte l’eventuale proroga di un contratto precedentemente scaduto.

Fu il Decreto Legge n° 87 del 12 luglio 2018 a inserire la condizione principale che riguarda la durata di questi contratti. Che non possono essere più lunghi di 12 mesi rinnovabili solo fino a 24 mesi, ma se si manifestano alternativamente le seguenti ulteriori condizioni:

  • esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività o esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria;
  • esigenze di sostituzione di altri lavoratori.

Molto dipende dai CCNL di riferimento

Va anche detto che i CCNL di categoria possono anche prevedere durate diverse da quelle originariamente previste dalla normativa vigente. E questo rende davvero variegato il meccanismo che regola l’utilizzo di questi contratti a termine per i lavoratori. Resta inteso che seguendo i dettami normativi, allo scadere dei 12 mesi senza le condizioni particolari prima citate, o allo scadere dei 24 mesi, il lavoratore se serve all’azienda, deve essere assunto a tempo indeterminato. Ed ecco che sulla proroga e sul rinnovo dei contratti a termine con il decreto Lavoro molto potrebbe cambiare. Soprattutto per le regole sulle causali il cambiamento sarà netto.

Al termine dei 12 mesi di contratto l’azienda sarò tenuta a inserire la causale. E per causale si intende il motivo per il quale si fa ricorso a questi contratti a scadenza. L’obbligo della causale oggi scatta solo nel caso in cui ci sia una proroga. Naturalmente la causale nascerà da ciò che prevederanno i Contratti Collettivi. E tra le altre cose, come il quotidiano prima citato sottolinea, non mancano CCNL che già hanno stabilito questi criteri (esempio: il CCNL cartai).