Una è una misura del passato che qualcuno vorrebbe reinserire nel sistema previdenziale italiano, l’altra è una misura ancora oggi in vigore che qualcuno vorrebbe estendere a un’altra categoria di lavoratori. Parliamo delle due novità più importanti degli ultimi mesi dal punto di vista previdenziale. Novità non definitive ma che, almeno come ipotesi da inserire in un nuovo progetto di riforma delle pensioni, destano parecchia curiosità. In entrambi i casi si tratta di due misure a quota perché parliamo di quota 96 e di quota 84.

Oggi le andremo ad analizzare spiegandone i meccanismi. Anche perché dobbiamo dare risposta ai tanti quesiti dei lettori che ci chiedono dettagli su queste due misure.

“Salve, sono Fabrizio e sono un lavoratore dipendente che ha appena compiuto i suoi primi 60 anni di età e ha già superato i 35 anni di contributi versati. Sono interessato alle novità che riguardano le pensioni perché se è il caso vorrei anticipare l’uscita dal mondo del lavoro. Volevo chiedervi se il governo decidesse di varare la quota 96, come funzionerebbe questa misura. So che si tratta solo di un progetto, ma vorrei capire che genere di misura il governo intenderebbe varare.”

“Buongiorno, sono Vittoria, commessa di supermercato interessata alla pensione anticipata di quota 84 se è vero che questa misura può essere varata. Dal momento che ho 63 anni di età e 24 anni di contributi versati, qualsiasi cosa il governo decide di fare su Opzione donna non mi riguarda dal momento che non ho i requisiti utili a quella misura. Se è vero che quota 84 permetterà di uscire già con vent’anni di contributi versati, io potrei accedervi nel 2024 quando compirò 64 anni di età. È giusto questo mio pensiero?”

Novità pensioni: quota 84 e quota 96 come funzionano?

Negli ultimi tempi alcune nuove misure pensionistiche che si ipotizza possano trovare spazio in una riforma delle pensioni hanno superato come interesse la celebre quota 41 per tutti.

Infatti si parla di più di quota 96 e quota 84 che della pensione anticipata per tutti con 41 anni di contributi versati che da tempo è stata individuata come la misura idonea a riformare il sistema previdenziale italiano. Le due misure prima citate oggi risuono particolare interesse perché piacciono a molti lavoratori e a molte lavoratrici.

Partiamo dalla novità delle ultime ore che è la quota 84. La misura non riguarda gli uomini ma soltanto le donne perché è stata individuata probabilmente, come alternativa alla proroga di Opzione donna nel 2024. In termini pratici anziché prorogarla con la pensione a 58, 59 o 60 anni di età con 35 anni di contributi versati, il Governo starebbe pensando a una pensione con 64 anni di età e 20 anni di contributi versati.

La quota 84 a 64 anni di età, ecco come

Voci di corridoio dicono che la quota 84 dovrebbe essere una sorta di estensione a quelle lavoratrici che rientrano nel sistema retributivo dei benefici della pensione anticipata contributiva . Misura che invece riguarda sia i lavoratori maschi che le lavoratrici che hanno il primo contributo versato dopo il 31 dicembre 1995. Infatti la misura nascerebbe con l’obbligo di ricalcolo contributivo alla pari di Opzione donna.

Una misura con penalizzazioni, quasi fossero un pegno da pagare rispetto ai tre anni di uscita anticipata che la misura offrirebbe. Infatti ripetiamo che la misura dovrebbe partire dalle lavoratrici che hanno compiuto 64 anni di età e con minimo 20 anni di contributi versati. Probabilmente bisognerà inserire un vincolo minimo dell’importo della pensione, come oggi è per la pensione anticipata contributiva. Ma sicuramente con quota 84 tale limite non dovrebbe essere pari a 2,8 volte all’ assegno sociale come oggi ma più basso.

In pensione con quota 96, ecco come si torna indietro nel tempo

L’altra misura di cui tanto si parla invece sarebbe un ritorno al passato con uno strumento esteso alla generalità dei lavoratori.

La quota 96 infatti è una misura in vigore fino all’avvento della riforma Fornero. Infatti fu la legge Fornero a cancellare le pensioni di anzianità compresa questa quota 96, per sostituirle tutte con le pensioni anticipate ordinarie ancora oggi in vigore. Pensioni anticipate che si centrano con 42 anni e 10 mesi di contributi versati per gli uomini e 41 anni e 10 mesi di contributi versati per le donne.

La quota 96 non fa altro che consentire il pensionamento con 35 anni di contributi a quanti raggiungono almeno 60 anni di età. Ma come è evidente il fattore determinante è il completamento della quota 96. Perché sommando età e contributi, comprese le frazioni di anno, bisognerà arrivare a 96 per poter accedere a una misura di questo genere.

Quota 96 ok, ma corretta e al passo coi tempi

I ragionamenti che hanno accompagnato la riproposizione di questa misura però parlavano anche di un cambiamento dell’età minima da raggiungere. Perché 60 anni sembra essere troppo bassa. La misura era stata in vigore fino al 2011 e quindi moltissimi anni fa. Oggi le condizioni di vita, di lavoro e di disponibilità economica per le casse statali, sono nettamente cambiate. Ecco quindi che anche una nuova quota 96 potrebbe essere diversa da quella che l’ha preceduta.

Qualcuno pensa di inserire il nuovo limite anagrafico a partire dai 61 o 62 anni di età. In questo caso, la misura potrebbe diventare anche flessibile. Nel senso che con 62 anni di età potrebbero godere della quota 96 anche quanti hanno completato “solo” 33 anni di contributi versati. Così come a 61 anni di età quelli che ne hanno completato 34.

Le due misure insieme? Ecco cosa accadrebbe alle pensioni

Le due misure si collegano l’un l’altra perché è evidente che con la quota 84 molte lavoratrici giovani di età, che rientravano in Opzione donna, non possono accedere a questa nuova misura. L’anticipo di età pensionabile infatti è nettamente inferiore con la nuova misura rispetto a quella precedente. Ma varando insieme anche la quota 96 è evidente che anche quelle lavoratrici che non rientrano nella quota 84 perché è troppo giovani, potrebbero, con almeno 35 anni di contributi versati, accedere alla pensione con quota 96.

In altri termini, più anziane in pensione con meno anni di versamenti, più giovani invece solo con una dote contributiva più alta.