Combinare stipendio e tassazione. Una necessità per qualunque contribuente, a maggior ragione per coloro che operano in autonomia, in regime di Partita Iva. A qualunque condizione tra quelle previste.

Questo per dire che, alla fine della fiera, la proporzione tra quanto percepito e quanto effettivamente incassato andrà fatta. Per quel che riguarda le Partite Iva, ad esempio, è necessario capire se, a fronte di un determinato fatturato, la cifra messa in tasca sarà quella riportata sul documento. Nella stragrande maggioranza dei casi, la discrepanza è abbastanza evidente.

E, alla fine del mese, lo stipendio netto percepito non sarà di sicuro quello riportato sulla fattura emessa. Considerando il costo della vita e le componenti fiscali che gravano sui lavoratori, uno stipendio di poco superiore a 1.000 euro sarebbe appena sufficiente per coprire le spese maggiori. Per le incombenze ordinarie, in pratica, resterebbe poco o niente. Specie in un periodo di inflazione. E se questo vale per i lavoratori ordinari, figurarsi per chi, sul netto percepito, deve effettuare calcoli precisi per restare in regola coi propri adempimenti.

Gli oneri dei liberi professionisti

A questo va aggiunto che, per legge, i liberi professionisti, essendo sgravati dai vincoli previsti dalla disciplina che regola il lavoro dipendente, dovranno provvedere da per sé a qualsiasi onere. Vale per i contributi previdenziali, ad esempio, così come per la contribuzione minima applicata sulla base delle iscrizioni a eventuali ordini professionali. Senza contare che, all’insorgere di condizioni che costringano ad assentarsi dal lavoro, a ogni mancata produzione corrisponderà un’altrettanto mancante retribuzione. In sostanza, alla fine del mese, la fattura emessa andrebbe a risentirne, in modo più o meno pesante a seconda delle condizioni. Il regime fiscale, chiaramente, può agevolare o penalizzare, tenendo sempre conto che una Partita Iva agevolata, come quella forfettaria (particolarmente gettonata nel 2023), permette di godere di aliquote agevolate ma di compensi tendenzialmente molto minori.

Partita Iva, il bilancio tra fatturazione e incasso: ecco quanto resta

Di qualunque Partita Iva si disponga, la necessaria equiparazione fiscale andrà a pesare sul bilancio finale. La Partita Iva ordinaria, ad esempio, prevede il pagamento dell’Irpef sulla base di scaglioni di reddito, con applicazione dell’aliquota fissa al 22%. Questo significa che, per restare su uno stipendio che quantomeno superi i 1.000-1.100 euro, il guadagno complessivo dato dalla fattura dovrà superare almeno i 1.700. Le ordinarie, chiaramente, dispongono solitamente di una base retributiva più elevata, con conseguente applicazione di regimi fiscali più pesanti. Questo significa che, per riuscire a tenersi a galla, sarà necessario disporre di un compenso in fattura decisamente elevato rispetto agli standard ordinari. E questo dipende in primis dal tipo di attività svolta e dagli accordi di pagamento previsti dalla contrattazione.

Al momento, il regime fiscale legato all’Irpef prevede l’applicazione di aliquote crescenti a seconda dei redditi corrispondenti. Nello specifico:

  • 23% fino a 15 mila euro;
  • 25% per redditi da 15.001 fino a 28 mila euro;
  • 35% per i redditi fino a 50 mila euro;
  • 43% per redditi superiori a 50 mila euro.

Da capire se, con l’imminente Manovra, possa arrivare qualche piccolo ritocco al ribasso. Nelle ultime settimane, ad esempio, era circolata l’ipotesi di applicare un’aliquota Irpef fissa al 23% per i redditi fino a 28 mila euro. E, allo stesso tempo, di posizionarne una complessiva al 35% per i redditi compresi tra 28.001 e 50 mila euro. Per i redditi superiori resterebbe quindi invariata al 43%. Questo significa che il secondo scaglione sarebbe eliminato per confluire direttamente nel primo. Modalità che potrebbe aggiungersi alla flat tax con aliquota al 15% per le Partite Iva e per la parte di reddito eccedente rispetto a quello più alto dichiarato nell’ultimo triennio, con franchigia al 5% e fino alla soglia dei 40 mila euro.

Riassumendo…

  • La Partita Iva non garantisce l’importo mensile fissato con la fatturazione. Subentrano infatti imposizioni fiscali rigide e variabili a seconda del regime;
  • resta l’ipotesi di revisione degli scaglioni Irpef, con un ulteriore taglio (per il secondo, con percentuale al 25%) degli scalini d’imposta.