Le difficoltà a trovare lavoro sono particolarmente gravi per chi perde il proprio lavoro da dipendente dopo i 60 anni. Il numero di disoccupati over 60 non ancora pensionati è ampio, tanto che il governo ha deciso di includere questa categoria tra quelle a cui erogare l’Assegno di Inclusione, se vengono rispettati i requisiti. Tuttavia, ci sono anche persone che, a una certa età e senza lavoro, pensano di mettersi in proprio. Questa decisione, però, solleva dubbi e perplessità, in particolare riguardo al calcolo della pensione futura.

Il quesito giunto in redazione

“Salve, mi chiamo Franco, ho 63 anni e dal 2022, dopo aver perso il lavoro da dipendente che svolgevo da oltre 30 anni, non ho più lavorato. Ho accumulato 31 anni di contributi. Non trovando un nuovo lavoro, ho deciso di mettermi in proprio. Vorrei prendere un terreno in affitto e iniziare una carriera da agricoltore. Mi iscriverò come coltivatore diretto e quindi verserò altri contributi oltre a quelli già a mio nome. Ho solo un dubbio: con i nuovi contributi che verserò come agricoltore, rischio di penalizzare la mia pensione futura? Mi sembra di avere diritto al calcolo misto della pensione e quindi una parte è sulle ultime retribuzioni. Ma se cambio lavoro e divento autonomo, consapevole che i contributi da lavoratore autonomo valgono meno, rischio di penalizzare la mia futura pensione? Vi chiedo inoltre se è possibile optare per la prosecuzione volontaria al posto dei versamenti da agricoltore, che so che valgono di più. Come avrete capito, voglio seminare ancora di più per godere di una pensione più alta in futuro.”

Passare dal lavoro dipendente al lavoro autonomo: come incide sul calcolo della pensione?

Oggi non è raro che un lavoratore cambi mestiere e passi da un fondo all’altro come versamenti. Ci sono ex lavoratori statali diventati dipendenti del settore privato e viceversa, così come ex lavoratori autonomi poi diventati dipendenti, e anche in questo caso viceversa.

Nel sistema contributivo, con le pensioni calcolate interamente con il metodo contributivo, più versamenti si fanno, maggiore è il montante, e quindi più alta è la pensione.

Nel sistema retributivo, le prestazioni erano calcolate in base alle ultime retribuzioni, ma oggi non esistono contribuenti che hanno completato l’intera carriera lavorativa prima del 1996. Se esistono, sono una rarità e non sono già pensionati.

Pertanto, il calcolo della pensione per i lavoratori è tutto contributivo (con periodi di lavoro successivi al 31 dicembre 1995) o misto. In questo caso, una parte della pensione è calcolata con il sistema retributivo e una parte con il contributivo, proporzionalmente agli anni di contribuzione antecedenti o successivi al 31 dicembre 1995.

Che fine fanno i soldi dei contributi versati per il calcolo della pensione?

Indipendentemente dal ragionamento fatto, possiamo dire al nostro lettore che i nuovi versamenti come coltivatore diretto non incideranno negativamente sulla pensione. I nuovi versamenti finiranno in un fondo pensionistico che fa capo all’INPS, ma diverso da quello a cui ha versato negli anni precedenti come lavoratore dipendente.

Da lavoratore dipendente, il lettore ha versato nel Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti (FPLD). Da autonomo, o meglio da agricoltore, verserà nelle gestioni speciali dei lavoratori autonomi (commercianti, artigiani, coltivatori diretti, imprenditori agricoli professionali).

Se avesse deciso di aprire uno studio professionale, avrebbe iniziato a versare nella Gestione Separata. E le cose non sarebbero comunque cambiate: al momento di andare in pensione, il trattamento sarà liquidato pro quota, ovvero con varie quote di pensione provenienti da ciascun fondo in cui ha versato, ognuno con le sue regole e specificità. I nuovi versamenti nelle gestioni speciali non influenzeranno il calcolo della pensione per la quota del FPLD, che sarà la parte più cospicua della sua pensione.

Versamenti volontari, versamenti da lavoratore autonomo e tutte le altre particolari situazioni per la pensione

Naturalmente, i versamenti nelle gestioni artigiani, commercianti e agricoltori non hanno lo stesso valore di quelli del FPLD, perché valgono meno e generano una pensione più bassa.

Diverso sarebbe il caso di passare ai versamenti volontari all’INPS. In questo caso, bisognerebbe chiedere all’INPS l’autorizzazione alla prosecuzione volontaria dei versamenti. Una volta autorizzato, il contribuente deve versare il corrispettivo calcolato dall’INPS, basato sulla solita aliquota contributiva del 33% e sulle ultime retribuzioni percepite.

In questo modo, i contributi volontari finiranno nel montante contributivo del FPLD e genereranno una pensione più alta, come se il contribuente avesse continuato a lavorare nello stesso settore e con la stessa retribuzione. Va detto, però, che versare i contributi volontari con le regole di calcolo esposte ha dei costi notevolmente superiori rispetto ai versamenti da coltivatore diretto.

Anche questo serve a capire che i versamenti da autonomo hanno un peso inferiore rispetto a quelli da dipendente per una futura pensione.