Opzione Donna potrebbe trovare spazio di proroga per altri 12 mesi con la manovra finanziaria 2024. Dopo la modifica dei requisiti e l’introduzione di importanti restrizioni lo scorso anno, la misura di anticipo pensionistico riservata alle lavoratrici dipendenti e autonome è diventata meno onerosa per lo Stato.

Le domande di pensione sono infatti crollate rispetto all’anno precedente e, in previsione, subiranno una nuova contrazione. Quindi è probabile che l’uscita anticipata dal lavoro per le donne caregiver, invalide, licenziate o dipendenti di aziende in crisi possa proseguire la sua corsa anche nel 2024.

Diventando altresì meno penalizzante rispetto al passato.

Opzione Donna diventa meno penalizzante

Ricordiamo che la pensione con Opzione Donna da quest’anno si ottiene al raggiungimento di 60 anni di età (prima bastava aver compiuto 58 anni per le dipendenti e 59 per le autonome) con almeno 35 anni di contributi. La giovane età delle lavoratrici, di per sé, determina un assegno pensione molto più basso rispetto a chi lascia il lavoro con i requisiti di vecchiaia.

Ma, a parte questo, bisogna dire che la penalizzazione, di cui si parla spesso, deriva più che altro dal sistema di calcolo della pensione interamente contributivo. L’opzione è infatti riservata solo alle donne che ricadono anche nel sistema retributivo. Cioè a coloro che hanno iniziato a lavorare prima del 1996 per le quali è richiesto obbligatoriamente la migrazione dei contributi al sistema contributivo puro per poter beneficiare del diritto a uscire con Opzione Donna.

Il sistema di calcolo contributivo

Ebbene, più passa il tempo meno sono gli anni che devono essere migrati e per i quali si subisce una penalizzazione di calcolo della pensione. Volendo fare un esempio pratico, una lavoratrice che oggi esce con Opzione Donna avendo 35 anni di anzianità contributiva, dovrà migrare 8 anni di contributi da un sistema all’altro. Colei, invece, che lo ha fatto nel 2021, ne ha migrati 10.

Viceversa, chi lo farà il prossimo anno, ne migrerà 7.

Insomma, da questo semplice esempio si capisce bene che più passa il tempo, minore sarà l’effetto negativo sul sistema di calcolo della pensione per le donne che lasciano il lavoro a 60 anni di età. Fino al giorno in cui il diritto verrà meno per effetto dell’esaurimento di contribuzione ante 1996. In quel caso il diritto a ottenere la pensione con Opzione Donna non sarà più possibile.

Opzione Donna verso Ape Sociale?

E’ del tutto evidente, quindi, che in questo senso le lavoratrici avranno dei vantaggi in termini economici rispetto al passato. Sempre che il Parlamento non deicida di far confluire la misura, ormai riservata solo a lavoratrici in condizioni di disagio sociale, in Ape Sociale. Rumors di governo parlano di una riforma che allungherebbe l’età pensionabile a 61-62 anni, ma con il vantaggio di poter sfruttare un requisito contributivo più basso (30 anni). E di non dover attendere 12 mesi (finestra) per prendere la pensione.

Del resto Opzione Donna dura ormai da 10 anni e ha visto migliaia di lavoratrici approfittare sempre più della possibilità di uscita anticipata con un assegno mensile che, nella migliore delle ipotesi, raggiunge i 1.000 euro. Salvo poi accorgersi che tante si vengono a trovare in difficoltà e lo Stato deve poi intervenire in soccorso con bonus e sussidi per integrare il reddito familiare.

Riassumendo…

  • Opzione Donna meno svantaggiosa per le lavoratrici con l’avanzare del tempo.
  • La penalizzazione del sistema di calcolo contributivo per ottenere la pensione.
  • Dal 2023 l’età pensionabile delle lavoratrici svantaggiate.