Come funzionerà la nuova quota 41? Riuscire ad andare in pensione nel 2023 sta diventando un autentico rebus. Infatti i contribuenti che puntano alla quiescenza nel 2023, oggi sono piuttosto spiazzati per le continue notizie che provengono dal dossier legge di Bilancio. Tra vecchie e nuove misure, infatti, la confusione regna sovrana. Ecco perché bisogna chiarire come effettivamente potranno andare in pensione i contribuenti l’anno venturo.

“Gentile redazione, sono un lavoratore autonomo nato nel 1963 e completo 41 anni di contributi il 31 dicembre prossimo.
Non ho capito bene quale quota 41 riuscirò a prendere dal momento che credo che la misura sarà presente nella legge di Bilancio del nuovo governo. So già di non rientrare nella quota 41 di oggi dal momento che non ho la caratteristica del lavoro gravoso. Ci sono possibilità che l’anno venturo possa, finalmente, davvero andare in pensione?”

Quota 41 per la pensione, ma quando?

Sulla quota 41 si sta facendo molta confusione soprattutto perché con lo stesso nome si fa riferimento a misure abbastanza diverse tra loro. L’esempio ce l’ha dato il nostro lettore, che auspica di poter accedere alla pensione con quota 41 l’anno venturo. Nel momento in cui il governo varerà una misura differente da quella che c’è oggi, tale possibilità non è remota. L’attuale quota 41 è destinata ai precoci. Significa che dei 41 anni di contribuzione previdenziale versata, almeno uno deve essere prima dei 19 anni. Non è necessario che l’anno di contribuzione sia continuo. Ma è altrettanto vero che serve appartenere a determinate categorie. Possono andare in pensione con 41 anni di contributi versati anche alcuni disoccupati. Si tratta di disoccupati che hanno terminato di percepire la Naspi da almeno tre mesi. Inoltre, possono prendere la pensione con quota 41 precoci anche gli invalidi riconosciuti tali almeno al 74% dalle commissioni mediche per le invalidità civili delle ASL. Ok anche ai caregiver, cioè soggetti che hanno a che fare con parenti conviventi, a carico e invalidi, sempre al 74%.
Capitolo a parte per i lavori gravosi. Categoria in cui il nostro lettore dice, giustamente, di non rientrare.

Quali sono i lavori gravosi della quota 41 precoci?

I lavori gravosi sono una definizione data a determinate categorie di attività lavorativa, a partire dalla data di entrata in vigore della quota 41 e dell’Ape sociale. Sono decretate gravose le seguenti 11 attività lavorative. Si tratta di:
  • Facchini;
  • Infermieri e ostetriche di sale operatorie e sale parto;
  • Maestre ed educatori scuole dell’infanzia e asili nido;
  • Edili;
  • Camionisti;
  • Gruisti;
  • Macchinisti dei treni e personale ferroviario viaggiante;
  • Badanti e assistenti non autosufficienti;
  • Addetti ai rifiuti;
  • Addetti ai servizi di pulizia;
  • Conciatori di pelli o pellicce.
A queste prime 11 attività se ne aggiugono altre 4 e cioè:
  • Siderurgici;
  • Agricoli;
  • Lavoratori marittimi;
  • Pescatori.
Dallo scorso primo gennaio 2022 le attività gravose sono diventate moltissime, perché ne sono state aggiunte molte altre, ma non per la quota 41, perché la novità ha riguardato solo l’Ape sociale. Pertanto per la quota 41 restano solo le prime 15 attività di lavoro gravoso come beneficiarie dello scivolo pensionistico.

La quota 41 per tutti, quali possibilità?

Ciò a cui tra le righe fa riferimento il nostro lettore, intenzionato ad andare in pensione nel 2023 con la quota 41, non è una opzione che appare fattibile. Infatti, avendo 60 anni di età nel 2023 il nostro lettore potrebbe accedere solo alla quota 41 per tutti. Ma questa misura è una ipotesi frutto di una vecchia proposta fatta dai sindacati e, per alcuni anni, anche dalla Lega di Matteo Salvini. Una proposta che man mano che passano i giorni e ci si avvicina alla dead line della legge di Stabilità, perde forza. Dopo aver varato la quota 100 nel famoso “Decretone” (la legge n° 4 del 2019, con dentro anche il reddito di cittadinanza) la Lega, che all’epoca era al governo con il Movimento 5 Stelle, pensava alla quota 41 per tutti.
Questa avrebbe dovuto essere la prosecuzione di una riforma delle pensioni che le problematiche della precedente legislatura ha ingessato. Estendere a tutti i lavoratori, a prescindere dalle categorie e a prescindere soprattutto dall’età, la possibilità di uscire a 41 anni esatti di contributi costa troppo. E non si farà, con buona pace dei lavoratori, compreso naturalmente il nostro lettore.

La novità che il governo intende varare

Il lettore che compirà 60 anni nel 2023 verrà tagliato fuori dalla quota 41 che sembra in procinto di essere varata dal governo. Infatti la nuova misura, se mai dovesse vedere davvero i natali nella legge di Bilancio e nel suo pacchetto pensioni, sarà vincolata ad una determinata età. Potranno avere accesso solo coloro i quali hanno sia i 41 anni di contributi versati che almeno 61 anni di età. Forse è un errore chiamarla ancora quota 41, e soprattutto chiamarla quota 41 per tutti visto che taglia fuori chiunque è nato dal 1963 ad andare avanti. Meglio ribattezzarla quota 102, perché effettivamente somiglia di più all’attuale misura che consente di uscire dal lavoro dai 64 anni di età con 38 anni di contributi versati. Sembra più una estensione di questa misura che una quota 41 vera e propria.