Con la nuova legge di Bilancio è stata confermata la possibilità di uscire dal lavoro con la quota 103. Alcune modifiche alla misura per il 2024 la stanno rendendo meno vantaggiosa rispetto a prima. Quindi, tendenzialmente, sarà una misura meno appetibile per i contribuenti e per i lavoratori in genere. Le critiche all’operato del Governo riguardo a una conferma penalizzante di quota 103 sono state subito tante. I sindacati sono sul piede di guerra soprattutto perché pare che saranno davvero pochi i lavoratori che riusciranno a sfruttare la misura l’anno venturo.

Proprio perché chi opta per l’uscita sarà molto penalizzato.

Penalizzazioni di quota 103 e premi per chi resta al lavoro

Ma il disincentivo a utilizzare la quota 103 non è l’unica cosa che bisogna dire riguardo alla misura. Infatti al fianco delle penalizzazioni per chi opta per la quota 103, ci sono gli incentivi per chi decide di restare al lavoro. Quello che tutti considerano il nuovo bonus Maroni quindi è una misura che i lavoratori potranno sfruttare nel 2024. Una via alternativa per evitare le forti penalizzazioni a cui la quota 103 li esporrebbe.

“Buonasera, dal momento che nel 2024 raggiungerò i requisiti per la quota 103, volevo sapere se è tutto confermato. Mi riferisco alle forti penalizzazioni di assegno dovute al ricalcolo contributivo della prestazione. Inoltre vi chiedo se c’è effettivamente la possibilità di restare al lavoro godendo di uno stipendio più alto. Grazie.”

Pensione 2024, ecco le penalizzazioni di quota 103

La nuova versione di quota 103 non cambia i requisiti di accesso alla prestazione. Chi nel 2024 raggiungerà 62 di età e 41 anni di contributi, potrà ancora andare in pensione con la quota 103. Ma non si andrà in pensione alla solita maniera. Infatti cambia, per esempio, la regola di calcolo dell’assegno. Se fino al 31 dicembre 2023 chi lascerà il lavoro con la quota 103 lo farà con un calcolo misto della prestazione, nel 2024 lo farà con un calcolo contributivo della stessa.

Questa è probabilmente la più grande novità introdotta per la quota 103. Un calcolo nettamente penalizzante, soprattutto per chi ha minimo 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995. Infatti con una carriera tanto lunga nel regime retributivo, il diritto a questo calcolo più favorevole si prolunga fino al 2012. E il lavoratore che esce dal lavoro nel 2024 e si trova in questa condizione, prenderà molto meno rispetto a chi esce nel 2023.

Il calcolo contributivo non è l’unica penalizzazione della nuova misura

Quando si parla di calcolo misto di una pensione, si fa riferimento ai lavoratori la cui carriera è iniziata prima del 1996 ed è proseguita dopo. In genere, fino al 31 dicembre 1995 i periodi di lavoro vengono conteggiati come retributivi. Per i periodi successivi invece diventano contributivi. Salvo il caso già citato di chi ha 18 o più anni di contributi già il 31 dicembre 1995. Il calcolo retributivo tiene conto della media delle retribuzioni degli ultimi anni di carriera, mentre il calcolo contributivo si basa sul montante contributivo. Ed è meno favorevole del primo.

Ma il calcolo contributivo non è l’unica penalizzazione di quota 103. Infatti rispetto alla versione odierna, la quota 103 ha anche delle finestre di decorrenza più penalizzanti. La quota 103 come la quota 100 o la quota 102, hanno il meccanismo a finestra che le ha sempre contraddistinte. In pratica, anziché partire dal primo giorno del mese successivo al completamento dei requisiti, la prestazione parte decorsi alcuni mesi. E proprio questo periodo, nella conferma della misura da parte del governo, viene inasprito.

Si passa infatti dai 3 mesi e 6 mesi, rispettivamente per i lavoratori del settore privato e per quelli del pubblico impiego, a 7 e 9 mesi. Un altro inasprimento netto che rientra a pieno titolo tra i disincentivi di cui la misura diventa stracolma.

Incentivo per chi resta a lavorare oltre la quota 103

Ma c’è una cosa che i lavoratori interessati a quota 103, come lo è il nostro lettore, devono sapere bene.

Infatti chi, nonostante raggiungerà i requisiti di accesso alla pensione con quota 103 nel 2024, deciderà di proseguire con il lavoro, godrà di una agevolazione. Ovvero il bonus contributivo. In altri termini, chi deciderà di rimanere a lavorare anziché uscire con la quota 103, avrà diritto a un surplus di stipendio in misura pari alla quota contributiva che il lavoratore versa mensilmente. E si tratta del 9,19% per i lavoratori del settore privato e dell’8,80% nel settore pubblico.

Significa che un lavoratore con 2.000 euro di stipendio, se rientra nel settore privato, godrebbe di un bonus sullo stipendio di circa 60 euro al mese. Perché l’aliquota contributiva nel Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti (FPLD) è pari al 33% e di questo, il 9,19% è a carico del lavoratore. Il surplus di stipendio non è automatico ma il lavoratore deve presentare opportuna istanza all’INPS.

La manovra in dirittura di arrivo

Sia il bonus contributivo che la nuova veste di quota 103 devono ancora essere ufficializzate. E non poteva essere diversamente. Perché è vero che la manovra ormai è pronta, ma l’entrata in vigore della Legge di Bilancio è l’unica via che renderebbe certe queste novità. Anche se pare ormai tracciata la via delle penalizzazioni. La quota 103 infatti difficilmente sarà confermata scevra dai tagli prima citati. Che tra le altre cose annoverano anche il fatto che la prestazione massima erogabile che per i beneficiari 2023 è pari a massimo 5 volte il trattamento minimo, nel 2024 sarà pari a massimo 4 volte lo stesso trattamento minimo.