Si parla spesso di Quota 103 come via alternativa alla pensione ordinaria, ma esistono altre soluzioni per abbandonare il lavoro senza dover attendere i 67 anni di età. A parte le uscite anticipate previste al raggiungimento della soglia contributiva di 41-42 anni e 10 mesi a prescindere dall’età, si può andare in pensione anche a 63 anni con 30 anni di versamenti.

E’ il caso di Ape Sociale che prevede l’uscita dal lavoro se ci si trova in particolari condizioni di svantaggio sociale.

Cioè se si è caregiver, disoccupati o invalidi. La misura è riservata, però, anche a coloro che svolgono mestieri gravosi per i quali la normativa riserva loro maggiori tutele previdenziali.

In pensione a 63 anni senza i requisiti di Quota 103

Ape Sociale non è una vera e propria pensione, ma rappresenta uno scivolo verso la rendita ordinaria (pensione di vecchiaia). Il diritto matura al raggiungimento dei 63 anni di età, un anno dopo l’età anagrafica prevista per Quota 103 (62 anni di età e 41 di contributi). Ma, a differenza di quest’ultima opzione, Ape Sociale non richiede il possesso di 41 anni di contributi.

Per accedervi è sufficiente averne 30, per le donne con figli è previsto anche lo sconto fino a 2 anni in presenza di figli. Quindi ne bastano 28. Mentre per chi svolge o ha svolto lavori gravosi per molto tempo, il requisito contributivo è di 36 anni. Si parla in questo caso di quota 99, cioè la somma fra età anagrafica e contributiva. Vi sono, però, delle eccezioni riservate ai lavoratori edili e ceramisti per i quali la legge prevede un limite inferiore a 32 anni.

Non tutti i lavori sono ritenuti gravosi. Esiste una lista predisposta dal Ministero del Lavoro e sfruttata solo in parte che elenca tutti i mestieri che rientrano in questa tipologia. Il governo sta studiando, in questo senso, la possibilità di allargare il beneficio della pensione con Ape Sociale a lavoratori finora esclusi dal diritto, nel senso di conferire maggiore flessibilità in uscita per chi svolge ho svolto mestieri pesanti.

Come funziona Ape Sociale

Come detto, Ape Sociale non è una vera e propria pensione, ma rappresenta uno scivolo verso la stessa. E’ erogata mensilmente dall’Inps e calcolata sulla base dei contributi versati in relazione all’età di uscita. Come se fosse una vera e propria pensione. Unica differenza rispetto alla rendita pubblica è che questo tipo di prestazione è temporanea. Cessa al raggiungimento dell’età pensionabile o se il lavoratore riprende a lavorare. Vige infatti il divieto di cumulo con redditi da lavoro.

La misura dell’assegno è fissata in 1.500 euro lordi al mese e non prevede erogazione della tredicesima mensilità. Ape Sociale non è nemmeno soggetta a perequazione automatica, pertanto non è rivalutabile nel tempo in base all’inflazione come avviene per il resto delle pensioni dirette. E neanche sono accreditati periodi di contribuzione durante il periodo di godimento della prestazione.

Rispetto a Quota 103, quindi, Ape Sociale presenta dei limiti che è bene tenere in considerazione al momento della scelta da parte del lavoratore. L’anticipo pensionistico congela infatti la prestazione al momento della richiesta fino alla maturazione dei requisiti per la pensione di vecchiaia. E non consente nemmeno il cumulo con redditi da lavoro, se non in misura limitata (ma questo succede anche con Quota 103). Quindi è, da questo punto di vista, particolarmente penalizzante.

Riassumendo…

  • Ape Sociale rappresenta una alternativa alla pensione con Quota 103 ma è penalizzante.
  • L’anticipo pensionistico è concesso solo a determinate categoria di lavoratori.
  • L’uscita è prevista a 63 anni di età, ma con meno contributi rispetto a Quota 103.
  • L’assegno è limitato a 1.500 euro al mese e non è rivalutabile.