Uno dei problemi maggiori che ci possono essere quando è il momento di andare in pensione sono i contributi da versare. Perché a volte non basta rispettare il vincolo degli anni di contributi che servono per andare in pensione. Serve anche che i contributi siano di un certo tipo, versati in un determinato periodo. E a volte alcune tipologie di contribuzione diverse da quelle classiche derivanti dal lavoro, non sono utili. O almeno non sempre.

Domanda respinta per via dei contributi? Ecco quando accade

Alcuni nostri lettori hanno riscontrato alcuni problemi relativamente a questi aspetti.

E adesso analizzeremo perché ci si imbatte spesso in situazione al limite. Che portano un potenziale beneficiario di una pensione, a vedersi respingere la domanda.

“Gentili esperti, volevo chiedervi se secondo voi è giusto che l’INPS mi ha respinto la domanda di pensione anticipata nonostante ho 42 anni ed un mese di contributi. Sono una lavoratrice che ha deciso di restare in servizio anche i 3 mesi di finestra, perché ero convinta di poter andare in pensione. Mi dicono che ho troppi contributi figurativi. Ma come, i contributi figurativi non valgono come gli altri? Credevo di sì ed invece. Secondo voi cosa si può fare?”

“Buonasera, ieri il mio Patronato mi ha detto che è inutile presentare la domanda di pensione anticipata contributiva. Ho 64 anni di età e 25 anni di contributi, senza disoccupazioni, malattie e con il solo anno del servizio militare diverso dai contributi per il lavoro che ho svolto che è rimasto sempre lo stesso per 25 anni (addetto al magazzino estero di una grande azienda di trasporti). Anni fa mi avevano detto che grazie ai miei rilevanti stipendi avrei potuto superare l’ostacolo dell’importo della pensione che per le anticipate contributive serve. Ma allora, non capisco perché al mio Patronato, che per giunta è un mio amico, mi dicono che non ho la possibilità di accedere a questa misura.

Mi rivolgo a voi prima di rivolgermi ad un altro Patronato. Se secondo voi ne vale la pena.”

Pensione a 62 anni nel 2024, i contributi valgono tutti o no?

I contributi in genere sono sempre validi sia per il diritto alla pensione che per la misura della stessa. Il diritto alla pensione significa il raggiungimento dei requisiti che rendono possibile andare in pensione. La misura della pensione invece non è altro che l’importo che una pensione ha. E quindi, in linea di massima, soprattutto nel sistema contributivo, i contributi oltre ad essere sempre validi per il raggiungimento della pensione, sono sempre validi pure per il calcolo dell’importo che spetta. In linea di massima però non significa sempre. Perché ci sono casi in cui i contributi non valgono, o almeno non valgono per il diritto alla pensione e valgono solo per l’importo da percepire.

Per esempio, le due email di due nostri lettori riportate sopra dimostrano come, contrariamente a ciò che un lavoratore può aspettarsi, ci sono casi in cui alcuni contributi non valgono per maturare il diritto al trattamento. Soprattutto nel caso di pensioni anticipate. Perché ci sono delle misure che prevedono dei limiti. E ai nostri due lettori questi limiti impediscono evidentemente di andare in pensione come invece credevano di poter ormai fare.

Contributi utili alla misura ma non al diritto e viceversa, ecco come funzionano

I contributi validi per le pensioni possono essere di varia natura. Ci sono quelli effettivi, che sono quelli versati durante il lavoro ed in base alle aliquote previste dal fondo previdenziale a cui si versa. Poi ci sono i contributi figurativi, che sono contributi che l’INPS in termini pratici regala al lavoratore durante periodi di non lavoro come quelli relativi alla disoccupazione indennizzata dallo stesso Istituto.

Ma figurativi possono essere anche i contributi durante i periodi di malattia, durante lo svolgimento del servizio militare o del servizio civile, le maternità e così via dicendo.

E poi ci sono i contributi volontari, quelli che un lavoratore per esempio può versare dopo essere stato autorizzato dall’INPS alla prosecuzione. Infine, ci sono tanti periodi che si possono riscattare per renderli utili alla pensione, oppure che si possono ricongiungere da altri fondi in modo tale da maturare i requisiti giusti per la pensione nel fondo previdenziale a cui si chiede il trattamento. Quasi sempre, con una semplice regola matematica, tutti i contributi, soprattutto nel sistema contributivo, sono utilizzati dall’INPS per calcolare la pensione. Ma spesso alcuni tra questi contributi non servono per andare in pensione.

Pensioni e contributi, ecco a cosa stare attenti

Il caso delle pensioni anticipate ordinarie è lapalissiano per capire che per andare in pensione a volte ci vogliono contributi effettivi da lavoro e non si può superare una determinata soglia di contributi figurativi. Gli uomini possono andare in pensione anticipata con 42,10 anni di versamenti e senza alcun limite di età. le donne possono fare altrettanto ma con solo 41,10 anni di contributi. In ogni caso, servono almeno 35 anni effettivi da lavoro. Significa che nei 35 anni non devono essere considerati i figurativi da malattia o disoccupazione. Chi ha 42,10 anni di contributi totali, di cui 35 effettivi può andare in pensione. Chi ha 42,10 anni di contributi totali, ma solo 34 anni effettivi, dovrà lavorare un altro anno per completare il requisito utile alla pensione anticipata. Arrivando poi ad una pensione calcolata su 43,10 anni di contributi dal momento che i figurativi valgono per il calcolo a prescindere dalla soglia dei 35 anni effettivi prima spiegata.

Tra effettivi, figurativi, da riscatto e così via dicendo, ecco i chiarimenti sui contributi per le pensioni

La pensione di vecchiaia a 66 anni e 7 mesi di età che è una possibilità che la normativa offre ai lavori gravosi e ai lavori usuranti, è un’altra misura dove i contributi necessari devono essere di un determinato tipo.

Per lavori gravosi e lavori usuranti l’età pensionabile è rimasta inalterata nel 2019. In pratica sono soggetti su cui non si applicano i 5 mesi in più sull’età pensionabile che dal primo gennaio 2019 hanno portato a 67 anni la soglia dell’età pensionabile per la quiescenza di vecchiaia. Non bastano però 20 anni di versamenti come per le pensioni di vecchiaia ordinarie. Infatti ne servono 30 di anni e tutti effettivi da lavoro, cioè senza contributi figurativi di qualsiasi tipo e senza volontari, da riscatto e così via. Il calcolo della pensione in questo caso tiene conto di eventuali contributi figurativi accreditati, ma solo oltre i 30 anni.

La data dei versamenti resta importante per maturare il diritto alla pensione

In alcuni casi ci sono delle misure che per essere percepite prevedono che i contributi versati siano successivi al 31 dicembre 1995. Il secondo quesito infatti parla di un lettore la cui domanda di pensione non può essere accettata perché il primo accredito, anche se figurativo e proveniente dal servizio militare, gli fa perdere lo status di contributivo puro essendo antecedente il 1996. A poco servirà cambiare Patronato perché già il primo a cui ha chiesto ha centrato il problema. Per andare in pensione a 64 anni con le pensioni anticipate contributive è necessario che tutti i contributi versati (minimo 20 anni), devono essere successivi al 1995.

Ogni misura ha le sue particolari regole

Anche la quota 41 per i precoci è un’altra misura che prevede dei vincoli sui contributi da versare. Vincoli che riguardano i 35 anni effettivi come per le pensioni anticipate ordinarie, ma non solo. Perché serve anche che un anno intero, anche discontinuo, sia stato versato prima dei 19 anni di età. In questo caso si parla di status di precoce, che si matura proprio con 12 mesi almeno di versamenti prima dei 19 anni. Ed anche in questo caso, nonostante il rispetto di tutti gli altri requisiti, basta avere un mese in meno di versamenti prima dei 19 anni e il diritto alla quota 41 per i precoci viene meno. Anche la pensione con quota 103 a 62 anni e con 41 anni di contributi ha le stesse regole delle pensioni anticipate ordinarie e di quota 41 per i precoci. Parliamo dei 35 anni effettivi. Significa che per la pensione a 62 anni non basta aver raggiunto i 41 anni di versamenti. Perché come detto 35 anni devono essere al netto dei figurativi prima citati, ovvero di quelli da disoccupazione o da malattia.