Per i lavoratori, uscire dal lavoro in anticipo e andare in pensione prima equivale sempre a rinunciare a qualcosa. In questa sorta di baratto, la scelta è quasi sempre tra ottenere una pensione più alta ma più avanti nel tempo, oppure una pensione più bassa ma in anticipo.

In parole povere, prendere una pensione prima del previsto significa rinunciare a parte dell’importo della prestazione. Questo avviene a causa delle regole di calcolo delle pensioni, che prevedono sacrifici sulla pensione percepita se si esce prima, e delle penalizzazioni e limiti di molte misure di pensionamento anticipato.

Tuttavia, spesso limiti, vincoli e penalizzazioni sono temporanei. In pratica, è necessario accettare tagli e limitazioni solo per un determinato periodo, per poi tornare a ricevere una pensione priva di questi limiti.

Pensione anticipata: ecco i tagli temporanei che si possono accettare per uscire molti anni prima

La pensione anticipata senza limiti di età consente a un lavoratore di uscire dal lavoro con 42,10 anni di contributi, o a una lavoratrice con 41,10 anni di versamenti. La pensione anticipata ordinaria è tanto più penalizzata quanto maggiore è l’anticipo rispetto all’età ordinaria di pensionamento, fissata a 67 anni per le pensioni di vecchiaia. In pratica, più giovani si esce dal lavoro, meno si riceve di pensione.

Ciò dipende dai coefficienti di trasformazione, che sono meno favorevoli a 60 anni rispetto ai 61, e così via. Ad esempio, un lavoratore che esce dal lavoro con quota 103 a 62 anni avrà una pensione nettamente più bassa rispetto a chi esce a 67 anni con la pensione di vecchiaia, a parità di contributi.

Pensioni con penalizzazioni, ma solo fino a un determinato periodo

La pensione anticipata con quota 103 è un buon esempio per approfondire le altre penalizzazioni a cui incorre il lavoratore. Oltre al meccanismo di penalizzazione derivante dai coefficienti di trasformazione, il lavoratore subirà altri due forti tagli: uno per il calcolo della pensione e l’altro per l’importo massimo di pensione che non può essere superato.

La pensione con quota 103, nel 2024, è solo contributiva, quindi particolarmente penalizzante.

Nel 2024 la misura è stata confermata per un altro anno, estendendosi fino al 31 dicembre 2024. Dal calcolo misto previsto fino al 31 dicembre 2023 si è passati al calcolo contributivo. L’importo massimo della pensione di quota 103 non può superare quattro volte il trattamento minimo. Fino al 31 dicembre 2023, questo limite era cinque volte il trattamento minimo.

Niente lavoro se si esce prima con le pensioni anticipate

Un’altra limitazione della misura è il divieto di cumulo della pensione con altri redditi da lavoro, ad eccezione del lavoro autonomo occasionale fino a 5.000 euro di reddito per anno solare. Il divieto di cumulo dei redditi di pensione da quota 103 e di lavoro termina quando il lavoratore raggiunge i 67 anni di età, raggiungendo così l’età per la pensione di vecchiaia.

Anche per l’importo massimo della pensione, una volta raggiunti i 67 anni, la pensione può essere superiore a quattro volte il trattamento minimo. Il ricalcolo contributivo della prestazione resta, invece, per sempre, anche dopo i 67 anni.

Ecco quando le penalizzazioni scompaiono e quando invece restano per sempre

Anche la pensione anticipata con l’APE sociale ha lo stesso divieto di cumulo e diverse altre penalizzazioni. In questo caso, nulla resta in eterno: le penalizzazioni terminano a 67 anni di età. Infatti, l’APE sociale scade a 67 anni. Il lavoratore che l’ha ricevuta fino a questa età deve presentare una nuova domanda per la pensione di vecchiaia ordinaria.

Durante il periodo dell’APE sociale, il lavoratore non avrà diritto alla tredicesima mensilità, alle maggiorazioni, agli assegni familiari. E nemmeno all’indicizzazione del trattamento al tasso di inflazione. Anche il meccanismo della perequazione non si applica all’APE sociale: ciò che si prende inizialmente sarà quello che si riceverà fino ai 67 anni.

Inoltre, l’APE sociale, per la quale valgono le regole di calcolo dei coefficienti citati in precedenza, non può superare i 1.500 euro al mese.