Favorire la pensione anticipata delle lavoratrici estendendo l’isopensione anche alle dipendenti che usufruiscono dell’opzione donna. E’ questa l’ultima proposta sul tema da parte dell’Onorevole Maria Luisa Gnecchi del Pd.

L’isopensione, come noto, prevede la possibilità per le aziende con più di 15 dipendenti di collocare anticipatamente in quiescenza i lavoratori a cui mancano massimo 4 anni al raggiungimento dei requisiti per la pensione. In altre parole l’interrogazione parlamentare punta ad introdurre, nelle aziende in esubero di personale, la possibilità di stipulare accordi tra i datori di lavoro e le organizzazioni sindacali per favorire l’esodo delle lavoratrici prossime alla pensione tramite isopensione appunto (con un anticipo dell’età pensionabile fino a 4 anni a condizione che l’azienda esodante si impegni a corrispondere un assegno per l’intero periodo di esodo, fino al raggiungimento dell’età pensionabile).

La Gnecchi ha insistito sul fatto che la misura sarebbe a costo zero per l’Inps (posto che gli oneri dell’assegno ricadrebbero interamente sul datore di lavoro dell’azienda esodante) per cui il rifiuto dell’ente pensionistico appare illogico: “risulta veramente incomprensibile perché neanche 1 euro tra l’uscita dall’azienda e la maturazione del diritto a pensione è pagato dall’Inps, che deve certificare il diritto a pensione entro i 4 anni. L’Inps nega quindi la certificazione del diritto a pensione se il lavoratore ha contributi in diversi fondi, ma se il lavoratore lavorasse, anziché accedere all’isopensione, l’Inps la liquiderebbe. Come è noto, rispetto al passato, sono sempre di più i lavoratori e le lavoratrici che hanno la necessità di valorizzare contributi versati in diversi fondi previdenziali per accedere al trattamento pensionistico ed è quindi evidente che questi soggetti risultano ancor più penalizzati dal comportamento dell’istituto”.

Si attendono quindi aggiornamenti e sviluppi sulla riforma della pensione per le donne.

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