In attesa che nel 2025 vengano nuovamente modificate le normative riguardanti la previdenza sociale italiana, le pensioni e le prestazioni dell’INPS, oggi esistono alcune misure che consentono un pensionamento anticipato per alcuni lavoratori. Due di queste misure sono molto note e probabilmente le più utilizzate: l’Ape sociale e la Quota 103. Entrambe le misure scadranno il 31 dicembre 2023 e prevedono il divieto di cumulo dei redditi da lavoro con i redditi di pensione per tutta la durata della fruizione degli anticipi.

Tuttavia, le due misure presentano notevoli differenze, a partire dagli importi erogati. È quindi importante prestare attenzione al calcolo della pensione.

Quale misura scegliere: Ape sociale o Quota 103?

“Buonasera, sono un lavoratore edile che sta per maturare 41 anni di contributi. A febbraio ho compiuto 63 anni. Ho controllato il mio estratto conto e non ho un anno di contributi antecedente i 19 anni di età; altrimenti, non avrei avuto dubbi e sarei andato in pensione con la Quota 41. Invece, mi trovo nelle condizioni di poter rientrare nella Quota 103, che mi dicono sia piena di limitazioni. Inoltre, posso rientrare nell’Ape sociale, che è altrettanto vincolante. Secondo voi, quale scelta è migliore?”

Pensione con 41 anni di contributi più bassa di una con 36 anni, un calcolo strano ma vero

Il nostro lettore è uno di quelli che, per l’attività lavorativa svolta, può rientrare nell’Ape sociale (non in Quota 41 perché gli manca l’anno da precoce). Tuttavia, per carriera e situazione, può rientrare anche nella Quota 103. In ogni caso, ci sarebbero dei limiti evidenti con entrambe le misure, poiché entrambe sono altamente penalizzanti in termini di importo del trattamento. Con l’Ape sociale, nonostante servano meno anni di contribuzione rispetto alla Quota 103, si rischia di perdere meno e, in alcuni casi, di ricevere un assegno più elevato.

La pensione con Quota 103: ecco come funziona

La Quota 103 si centra nel momento in cui un lavoratore ha completato:

  • almeno 62 anni di età;
  • almeno 41 anni di contributi versati.

Non ci sono vincoli di platea, limiti di categoria ed è aperta a tutti i lavoratori, autonomi e dipendenti, del settore pubblico o privato, uomini e donne, a prescindere dall’ambito lavorativo.

Tuttavia, con la Quota 103 non si può percepire un trattamento superiore a 4 volte il trattamento minimo INPS valido per il 2024 (circa 598 euro al mese). Inoltre, la prestazione è calcolata interamente con il sistema contributivo. Pertanto, per chi ha carriere lunghe 18 anni e più prima del 1996, il rischio è quello di perdere il 30/35% di pensione per sempre. Mentre la limitazione dell’importo massimo termina a 67 anni, il calcolo della pensione contributiva una volta liquidata rimane per sempre.

Ape sociale: ecco i requisiti differenti per categoria

L’Ape sociale prevede la sua applicazione solo per determinate categorie. Infatti, l’Anticipo Pensionistico Sociale (APE) è destinato solo a:

  • caregivers;
  • invalidi;
  • disoccupati;
  • addetti alle mansioni gravose.

I disoccupati possono lasciare il lavoro a partire dai 63 anni e 5 mesi di età, con 30 anni di contributi versati e dopo aver terminato di percepire tutta la NASPI spettante. Con 30 anni di contributi, l’Ape è destinata anche a invalidi con almeno il 74% di invalidità e ai caregiver che assistono un invalido grave convivente da almeno 6 mesi. Infine, chi ha svolto lavori gravosi può accedere all’Ape a 63,5 anni di età, con 36 anni di contributi, purché il lavoro gravoso sia stato svolto per 7 degli ultimi 10 anni o per 6 degli ultimi 7 anni.

Le penalizzazioni delle misure che anticipano i trattamenti di diversi anni

Se la Quota 103 ha delle limitazioni, l’Ape sociale non è da meno. Infatti, l’importo massimo della prestazione mensile non può superare i 1.500 euro al mese. Inoltre, l’Ape sociale non comprende la tredicesima mensilità, il trattamento minimo, le maggiorazioni e gli assegni familiari.

Infine, l’Ape sociale non è reversibile in caso di morte del diretto interessato. Tutte queste limitazioni durano fino al compimento dei 67 anni. Inoltre, fino ai 67 anni, l’Ape non viene indicizzata al tasso di inflazione.

Dalla prestazione retributiva a quella mista e fino a quella contributiva: ecco i penalizzati del calcolo pensione

In generale, con 36 anni di contributi si prende una pensione più bassa rispetto a chi ha 41 anni di contributi. Nel caso del nostro lettore, che ha 41 anni di contributi, consigliamo di optare per l’Ape sociale e non per la Quota 103. Per una semplice questione di futuro. Infatti, con entrambe le misure può lasciare il lavoro. La Quota 103 ha la tredicesima e probabilmente un importo più alto rispetto all’Ape sociale, che come detto non può superare i 1.500 euro. Tuttavia, a 67 anni, con la Quota 103 si continuerebbe a prendere la stessa pensione contributiva, mentre con l’Ape no: si prenderebbe una pensione calcolata senza il limite dei 1.500 euro e, soprattutto, retributiva.

Il futuro va considerato: vietato sbagliare misura, il trattamento diventa tagliato per sempre. Occhio al calcolo pensione

Quando si parla di calcolo della pensione, non si può dare certezza alle cifre. Anche se qualcuno ha versato più anni di contributi rispetto ad altri, l’importo del trattamento dipende dalle regole di calcolo e dall’importo dei contributi versati. Ci sono lavoratori che con 36 anni di contributi escono a 63,5 anni di età con l’Ape sociale, prendendo per i 3 anni e 7 mesi che mancano alla pensione di vecchiaia a 67 anni un trattamento limitato a 1.500 euro al mese. Ma a 67 anni la pensione spesso è più alta anche del 35% rispetto a una pensione contributiva.

Chi prende una pensione più elevata potrebbe aver goduto di un vantaggio per gli anni mancanti ai 67 anni uscendo con la Quota 103, ma per il resto della vita subisce un taglio permanente del 30/35%.