Aprire la cassetta della posta e trovare una lettera dall’INPS era un evento frequente. Era comune ricevere una raccomandata dall’INPS per comunicazioni di vario tipo. Tuttavia, da quando l’INPS ha avviato le procedure di digitalizzazione per la gestione dei rapporti con i contribuenti, la maggior parte di queste comunicazioni non viene più inviata per posta tradizionale, ma attraverso l’area riservata del sito istituzionale, tra notifiche e comunicazioni digitali dell’Istituto. Prima, tramite posta, arrivavano la Certificazione Unica e il modello OBIS/M (la “busta paga” del pensionato).
Tuttavia, c’è una cosa che continua ad arrivare per posta: in questi giorni, milioni di pensionati hanno ricevuto una comunicazione dall’INPS relativa alla loro pensione. Si tratta di notifiche riguardanti somme indebitamente percepite. Queste comunicazioni, infatti, continuano ad arrivare per posta. Ma a cosa si riferiscono?
Pensione da restituire all’INPS: quando accade e per quali motivi
Le somme indebitamente percepite dai pensionati sono un fenomeno costante nel sistema previdenziale italiano. Questo accade perché alcune pensioni, o parti di esse, sono legate ai redditi del pensionato o alla presenza di determinati requisiti. Inoltre, ci sono prestazioni che possono essere erogate solo a condizione di rispettare certi obblighi; se questi non vengono rispettati, si perde il diritto alla prestazione, generando somme da restituire. Le somme indebitamente percepite possono derivare da diverse cause.
Ad esempio, c’è l’obbligo di comunicare i redditi da parte del pensionato. Chi riceve una pensione perché ha un reddito basso, come nel caso dell’Assegno Sociale, deve comunicare annualmente i propri redditi all’INPS affinché l’Istituto possa verificare il diritto alla prestazione o ricalcolare l’importo sulla base dei nuovi redditi dichiarati.
Solo i pensionati che presentano ogni anno la dichiarazione dei redditi non sono soggetti a questo obbligo, perché l’INPS, grazie all’incrocio dei dati con l’Anagrafe tributaria, può effettuare il ricalcolo automatico e d’ufficio delle prestazioni.
Modelli RED, INV.CIV e altre comunicazioni obbligatorie
I pensionati che non sono obbligati a presentare la dichiarazione dei redditi, come spesso accade per i beneficiari dell’Assegno Sociale, devono compilare ogni anno il modello RED, indicando i propri redditi e quelli del coniuge, se presente, relativi all’anno di riferimento della cosiddetta “campagna RED”. Lo stesso vale per i titolari di prestazioni per invalidi. Che devono comunicare annualmente all’INPS eventuali periodi di ricovero in strutture sanitarie a carico del Servizio Sanitario Nazionale.
In altre parole, un invalido non può gravare due volte sullo Stato e, se usufruisce di ricoveri in Case di cura, RSA o altre strutture simili, perde il diritto alla prestazione economica per invalidità durante il periodo di ricovero. Pertanto, anche in questo caso, il pensionato deve comunicare annualmente all’INPS se è stato ricoverato.
In caso di mancata comunicazione, come per chi non comunica i redditi, l’INPS può sospendere la prestazione e richiedere la restituzione delle somme indebitamente percepite durante il periodo di ricovero o in cui la mancata comunicazione dei redditi ha determinato l’erogazione del trattamento completo non spettante.
Pensioni collegate ai redditi: attenzione alle comunicazioni obbligatorie
Nel caso dell’Assegno Sociale, il rischio di perdere il diritto alla prestazione per superamento delle soglie di reddito è comune. Per ottenere l’Assegno Sociale, gli interessati devono ricordare che questa prestazione è concessa solo se i redditi non superano l’importo stesso dell’Assegno Sociale. Nel caso di coniugati, il reddito complessivo non deve superare il doppio dell’Assegno Sociale.
Poiché l’Assegno Sociale integra il reddito del beneficiario, può variare fino a un massimo di 534,41 euro al mese (importo dell’Assegno Sociale per il 2024).
La stessa situazione si verifica per le pensioni che includono maggiorazioni sociali e integrazioni al trattamento minimo, anch’esse prestazioni integrative legate ai redditi del pensionato.
Pensioni da restituire in caso di mancato rispetto del divieto di cumulo tra redditi
Un altro caso in cui il pensionato può essere chiamato a restituire somme riguarda alcune nuove misure di pensionamento che vietano il cumulo di redditi da lavoro con redditi da pensione. Se, ad esempio, un pensionato torna a lavorare nonostante il divieto, la pensione viene sospesa. E il pensionato deve restituire tutte le somme percepite come pensione nell’anno solare in cui ha ripreso a lavorare.
Questo vale, ad esempio, per chi è andato in pensione con la quota 103, la quota 100 o la quota 102. E anche per chi nel 2024 va in pensione con l’Ape sociale.
Il divieto di cumulo tra redditi da lavoro e pensione, indipendentemente dal tipo di attività svolta (autonoma o dipendente), è quasi universale. L’unica eccezione è rappresentata dal lavoro autonomo occasionale, per il quale è consentito un reddito massimo di 5.000 euro all’anno.