“La legge del lavoro sembra essere profondamente ingiusta, ma è quella, nulla può cambiarla. Più alta è la rimunerazione in termini di divertimento che il lavoratore ne trae da esso, più alta dovrà anche essere la sua paga in termini di denaro“, affermava Mark Twain. Proprio lo stipendio finisce spesso al centro delle critiche perché considerato troppo basso e pertanto inadeguato a soddisfare le varie esigenze personali.

Un aspetto che è ancora più rimarcato in un contesto difficile come quello attuale, segnato da una grave crisi economica.

Proprio in tale ambito, pertanto, si rivela fondamentale restare aggiornati sulle varie agevolazioni e trattamenti economici a cui si ha diritto. Tra questi si annovera, ad esempio, la pensione di reversibilità riconosciuta solo in presenza di determinati requisiti. Ma ne ha diritto anche chi lavora? Ecco come funziona.

Pensione di reversibilità: chi ne ha diritto

La pensione di reversibilità spetta, in caso di decesso del pensionato, ai familiari superstiti. Tra questi si annoverano il coniuge superstite e i figli minori. Ma non solo, anche i figli maggiorenni se studiano o inabili al lavoro. Ne hanno diritto anche i cittadini uniti civilmente e i nipoti a carico dei nonni. In base a quanto si evince dal sito dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, inoltre:

  • In assenza del coniuge e dei figli o se, pur esistendo essi non abbiano diritto alla pensione ai superstiti, i genitori dell’assicurato o pensionato che al momento della morte di quest’ultimo abbiano compiuto il 65° anno di età, non siano titolari di pensione e risultino a carico del lavoratore deceduto;
  • In assenza del coniuge, dei figli o del genitore o se, pur esistendo essi non abbiano diritto alla pensione ai superstiti, i fratelli celibi e sorelle nubili dell’assicurato o pensionato che al momento della morte di quest’ultimo siano inabili al lavoro, non siano titolari di pensione, siano a carico del lavoratore deceduto”.

Aumento degli importi a partire da gennaio 2023

Anche nel corso del 2023 l’Inps provvede ad erogare la pensione di reversibilità.

L’importo di quest’ultima risulta più alta rispetto agli anni passati per effetto della rivalutazione. Come disposto da un decreto a firma del ministro Giorgetti, infatti, a partire dal 1° gennaio del 2023 si applica un adeguamento del 7,3% delle pensioni.

A questo si aggiunge un ulteriore 1,5% come misura straordinaria una tantum per il 2023, che passerà a quota 2,7% nel 2024. Soffermandosi sulla rivalutazione, quest’ultima viene applicata con percentuali variabili che partono dal 100% per trattamenti fino a 2.100 euro lordi al mese. Si arriva al 32% per gli importi superiori ai 5.251 euro lordi mensili. Sempre per effetto della rivalutazione, inoltre, il trattamento minimo della pensione di reversibilità, per l’anno 2023, passa da 524,34 euro al mese a quota 570 euro.

Quanto spetta: occhio alle percentuali

Come si evince dal sito dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, l’importo della pensione ai superstiti “è pari a una quota percentuale della pensione già liquidata o che sarebbe spettata all’assicurato deceduto“. Entrando nei dettagli le aliquote prese in considerazione sono le seguenti:

  • 60%, se il beneficiario del trattamento è solo il coniuge;
  • 70%, se il trattamento è erogato in favore di un solo figlio;
  • 80%, se riconosciuto al coniuge e un figlio o due figli senza coniuge;
  • 100%, se il trattamento deve essere erogato al coniuge e due figli oppure tre o più figli.

Pensione di reversibilità più stipendio, cosa succede in caso di assunzione

La pensione di reversibilità può essere cumulata anche con altri redditi personali, compresi quelli da lavoro. All’aumentare dello stipendio, però, si può registrare una diminuzione dell’importo del trattamento erogato dall’istituto di previdenza. Entrando nei dettagli, non vengono applicati tagli per redditi inferiori a 22.315,41 euro. Per redditi superiori a tale soglia, invece, vengono applicate le seguenti decurtazioni:

  • 25%, per redditi compresi tra 22.315,41 e 29.753,88 euro;
  • 40% in presenza di un reddito compreso tra 29.753,88 e 37.192,35 euro;
  • 50% per redditi superiori a 37.192,35 euro.

Questi tagli non vengono applicati se nel nucleo famigliare vi sono minori, studenti o inabili.