La politica è l’arte dell’inganno, anche in tema di pensioni dove le promesse contano più dei risultati. Lo sanno tutti: i governanti, i sindacalisti che stanno al gioco dei teatranti e i media che orientano l’opinione pubblica per evitare che i lavoratori scendano in piazza come in Francia. In quetso siamo più bravi dei cugini transalpini.

Così nel recente incontro fra il ministro del Lavoro Elvira Calderone e i sindacati è emersa la volontà di estendere lo sconto pensione alle lavoratrici madri.

Un bonus di 4 mesi per figlio che sembra quasi una contromossa per addolcire la pillola amara della nuova versione di Opzione Donna 2023.

Opzione Donna per poche

Con l’introduzione in legge di bilancio di nuovi requisiti, infatti, Opzione Donna si restringe da quest’anno a pochissime aventi diritto. I requisiti sono cambiati. Innanzitutto l’età anagrafica sale di due anni: non più 58 anni (59 per le autonome) ma 60 per tutte. Resta la possibilità di ottenere uno sconto di un anno per ogni figlio fino al limite minimo di 58 anni. Resta confermato a 35 anni il requisito contributivo minimo.

Ma il vincolo più stringente riguarda l’appartenenza a determinate categorie sociali svantaggiate. Dal 2023 per andare in pensione con Opzione Donna bisogna rientrare in una delle seguenti condizioni:

  • disoccupate a seguito di licenziamento o dipendenti di aziende in crisi;
  • invalide civili con il 74% di invalidità riconosciuta e definitiva;
  • caregiver.

Secondo le stime, solo 2.900 lavoratrici potranno rientrare quest’anno in questi requisiti. Pochissime se si pensa che lo scorso anno ne sono andate in pensione più di 23.000. Tanto valeva cancellare del tutto Opzione Donna a questo punto. Cosa che, peraltro, probabilmente avverrà nel 2024.

Sconto di 4 mesi per ogni figlio

Ma vendiamo alla proposta del governo per la prossima riforma pensioni. Si studia un intervento a favore delle lavoratrici madri che preveda l’estensione dello sconto di 4 mesi per ogni figlio (massimo 12 mesi) anche a chi esce col regime misto.

Questa prerogativa – lo ricordiamo – esiste già per chi va in pensione con sistema contributivo puro ed è appannaggio di pochissime donne.

Questa modifica, secondo i calcoli del governo, comporterebbe una spesa aggiuntiva di 700 milioni di euro all’anno. Poca cosa rispetto a quanto lo Stato risparmia con la pesante restrizione dell’accesso a Opzione Donna da quest’anno.

Ma non è solo questo il punto. La misura sarebbe ulteriormente penalizzante. In primo luogo perché lo sconto sull’età anagrafica implicherebbe una pensione di vecchiaia più bassa in base al coefficiente di trasformazione che sarebbe applicato. La rendita, in questo caso, sarebbe ulteriormente limitata al vincolo di 1,5 volte l’assegno sociale a 67 anni (2,8 volte a 64 anni). In secondo luogo perché, nel caso di Opzione Donna, lo sconto sarebbe più basso di quello attuale prevedendo un bonus di 12 mesi contro i 24 previsti per due o più figli.

In definitiva, quindi, lo sconto è solo fumo negli occhi per distogliere l’attenzione delle lavoratrici dalle rivendicazioni sorte con le restrizioni di Opzione Donna. Una semplice promessa per prendere tempo e infondere speranza.